Storia d'un mercante di morte

Centenario della nascita di Alberto Sordi. Sulle reti televisive si dà spazio anche all'autore. "Finché c'è guerra c'è speranza", del 1974, è il sesto film del grande artista romano. Titolo provocatorio che dice già molto, per una pellicola antimilitarista che, dati gli introiti sempre crescenti per produttori e trafficanti di armi (in Italia: Finmeccanica, Leonardo, Oto Melara, Augusta e tanti altri), risulta ancor più attuale. Il grido "Africa!" è oramai impregnato di lacrime e sangue.

L'idea del film è crudele e coraggiosa. -"Lei vende sta roba?", -"Vende? Va a ruba!". Il contrappunto del commerciante d'armi "morbido" Paolo Fiocca, gigione e sorridente, distante dall'implacabile trafficante con cicatrice. Per nulla ironico, il colletto bianco dietro alle armi è una figura agghiacciante: l'unica realistica.
Dirimente il momento tra Paolo Fiocca e il reporter: di fronte il punto di vista cinico e un po' ironico (quel tanto che permetta di fatturare senza rimorsi), si sarebbe detto qualunquista, e quello dello spirito critico presente a sé. Il lupo NON perde il vizio, era solo una questione di pelo.
Guerra vera, Sordi non vuole correre il rischio d'una rappresentazione edulcorata. Corpi e macerie, morti e lamenti (Vietnam). Ben poche speranze, quand'è necessario vivere (morire) in prima persona, toccare con occhio e pelle fumanti un attacco militare, per capire. Che un'arma E' cattiva. Fate pompe idrauliche!
"Le guerre non le fanno solo i produttori di armamenti, ma anche tutti voi, che volete, comprate..." (ergo: complice di morte chi entra negli uffici di Finmeccanica di Sestri Ponente, salmodiando la merendina per propri figli, così come chi mette piede da Tigotà). Non scontato per un film diretto a un vastissimo pubblico. Più delicato e feroce di quanto sembri.
(depa)

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