Vuoto in Borsa

Batti, puoi dire quello che vuoi, quando passi dalla "Valéry", la qualità si vede. Ne dico solo una, l'ultima, di ieri sera: "L'eclisse" di Michelangelo Antonioni, 1962. Il terzo capitolo sull'incomunicabilità è forse il più gelido: freddezza alla radice, resta ciò che resta, nell'animo un appuntamento tradito ogni giorno.
Per la quinta e ultima volta, il direttore della fotografia teramano Gianni di Venanzo (1920-1966: a 45 anni, strattonato dai maestri italiani). [Freda al trucco! Non il regista, ma il folignate Francesco, 1925-2019, anche lui collaboratore della "ristretta"].
Oggetti inanimati dentro cornici vuote. Le distanze antonioniane (treccani: "atmosfere diafane e cose non dette"), constatate senza energia. "Allora, Riccardo...". Anche I ventilatori tolgono il respiro. L'esotismo turistico che grida Rispetto! per le "scimmie mai state ad Oxford"; qualche rimorso da buttar giù col drink. Forse, solo tra le, anzi, nelle nuvole...Begli amici.
Una Vitti forse troppo luminosa, occhi roteanti sfuggenti, stufa di tutto, languidi al crepuscolo, sino alla noia puntuale (BMW). Bene che l'alienazione borghese mostri i sintomi (a.k.a. "dia i suoi frutti"). All'EUR all'alba, dondola il maglioncino in mano: cosa sente ora Vittoria? Si sente più libera? Braccata? Vuota spenta?
Monica Vitti rimprovero vivente ai fiori non colti, strappati. Così brava, qui, da sembrare solo bella. D'una purezza fuori controllo.
"Dietro gli squallidi amori, l'​usura delle corde ormai si vede". Il montaggio scava, affonda coi passi di Vittoria. Nella Borsa allucinata, che tristezza, madre babilonia è in pole. "Che faccio, compro? E io compro". Alain Delon deRoma non solleva il ribasso di questa estenuante sequenza.
Si chiude così, l'ipnotica trilogia sul vacuum civicus, con lampioni che accecano, aerei che stridono, lune sgomentano. Per me, il più rarefatto dei tre capitoli, quasi immobile nel suo silenzio (come un palloncino dopo lo sparo). Sospeso nello spazio, tra passanti obliqui e strisce diagonali [già montaggio a distanza].
Pare, quasi, Antonioni totalmente focalizzato sulla voragine esistenziale dei protagonisti, dimenticandosi di noi tapini. Ma ci siamo sporti dentro e l'abbiamo guardata, eccome. E', ancora e sempre, pura Angoscia Metropolitana.

Si è spento il sole e, cazzo, chi l'ha spento sei stato TU brutto stronzo!
(depa)

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