Cristo d'argento e occhi bassi

Avanti con Ken Russell. A scoprir di più del "coraggioso e visionario regista inglese", passando da una delle sue opere più celebri. "I diavoli", del 1971, ribadì un autore ambizioso e dissacrante, esibito in una roboante e sacrosanta, iperterrena bestemmia.
Sua maestà alla nascita di venere, consacrata alleanza tra Chiesa e Stato (una cosa sola). Loudun, inizio 1600. Il santone Jean-Pierre Sainte-Marthe, nei tempi pestilenziali che valicano le epoche, spacca. Natura repressa genera mostri. Il reverendo se le passa (tutte), strano. La lussuria si vendica dell'infamia dell'uomo ("solitudine, stanchezza, infermità"). Circolo vizioso (privato), gestisce Urbano Grandier: "portate fuori i morti!". Fellatio al figlio di Dio (cult). Richelieu, le indipendenze locali perdute, assieme alla libertà. "Speranza, amore, odio". Traditrici eretiche impenitenti (appestate: così nascono gli infami), giustiziate: la Chiesa non perdona. La reliquia del Sire fa il botto. "Cristo d'argento e occhi abbassati".
Film gridato, anatemi e condanne scagliati per assordar le coscienze. Pure le Orsoline urlano indemoniate. La regia sta su (scenografo Derek Jarman), strusciandosi sul vescovo di Loudun, impersonato dal corporeissimo Oliver Reed. Anche qui, soprattutto nel finale (1635), didascalico e prolisso, si cala di tono. Questo...oggi; facile immaginare cosa suscitasse, ha provocato, nel 1971.
Pellicola storico-blasfema, politica e anti-monarchica, da iscrivere a buon (cattivo) diritto nel filone anticlericale (l'inquisizione s'è fatta più sportiva). Dopo il rogo finale, oltre il muro, chiusura alla A.Tarkovskij. Umile ,sconcertante complimento, Ken.
(depa)

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