Inizio spacciato

Vediamo di venire a capo di questo vivace agosto cinematografico. "Netflix" propone un altro film di Nicolas Winding Refn. Elena e io in sala Valéry per continuare il discorso, iniziato quest'estate, col regista danese. "Pusher", del 1996, racconta del solito braccamento stupefacente, scazzo criminale. Da noi questo primo capitolo uscì undici anni dopo, a trilogia conclusa: non ho parole. Storia di droga, insomma, ma seguita con occhio disincantato e ritmo che, a distanza di anni, urta ancora. Di più, trattandosi di esordio.
Dopo gli accattivanti titoli di testa, prepotenti e ironici, coi volti dei malavitosi emergenti dall'oscurità, parte il taglio amatoriale che vien dalla Penisola Danese. Vite circolanti nel vizio, circuiti corti claustrofobici, l'aria si fa rada. Anzi, Radovan. Tutti su Frank, che ha scelto la strada più rapida e rischiosa. I giorni ovattati dall'ossessione, monotonia tensionale che porta all'esaurimento. A venticinque anni dall'uscita, desta meno scalpore. Non certo ché non vi fossero già stati agghiaccianti sguardi nel torvo, ma il freddo tocco low-budget di Refn, grazie alla dovuta robustezza, suscita una reazione metallica particolare, sempre sulle alienanti note della solitudine emanate dalla robba. Finale paranoia ("Ma che cazz...?!"), niente resterà pulito.
(depa)

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