3 colpi d'oriente

Sta capitando di tutto, in sala Valéry. Cerco di spiegarmi. Tipo ieri sera. Nulla da fare, uno sguardo buttato lì. Le proposte son tre: scegliamo la terza (prrr!). La ragione è il gusto masomacabro e ironico che solo gli horror orientali sprigionano. "Italia2" programma "Three...extremes", una pellicola collettiva del 2004 a tre teste, una per ogni drago: Fruit Chan, cinese classe 1959; per la Corea del Sud, Park Chan-wook, nato 1963; Takashi Miike, 1960, per il Giappone. Tre intensi ed eleganti deliri, quale più scioccante, quale più alienante, uno scontato, tutti d'autore.
Pellicola d'estate, rientrata Elena, si vira sul corpo martoriato. Trittico psicotico, variegato alla carne, servito con mise en place da cineasti d'haute classe. Immediato si coglie il taglio autoriale ora disinvolto, ora impacciato, stridente nelle immagini, graffiante nel sonoro. (1) I ravioli delle donne. Alla realtà cannibalesca, Elena ipotizza "dici che è una critica alla vacua società?". Mmh... Tutto vero, già così, ora. Contrappunti ricercati, orientali, dove la delicatezza del contenitore filmico esalta la crudezza del contenuto. (2) Il più giovane regista, Park, scalpitante e ambizioso del Nuovo Cinema sudcoreano, mi pare quello meno riuscito a deragliare dai canonici binari della filmografia criminale: psicopatico, già picchiato dal padre ubriaco, incazzato col capo, lo sfida a crucirverba; spremuta d'orologi e selvaggina animalesque giàvistque. Danze macabre, qui logore. "L'anello", il retro del ticket. Il più funambolico con la camera, risulta il più scomposto. (3) "Box", del nipponico Takashi cresciuto a porte da non aprire, cervellotico sulla dolorosa memoria, con l'indimenticabile cameo di "Mezza" (Porzione) e la teatrale caduta dal pallone. Altisonante per un incubo di fuoco e packaging (ma in quella scatola avrebbero dovuto esserci fiori).
Progetti strani. Da provare.
(depa) 

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