Trame corte

La prima giornata dedicata al Film Festival Coreano a Firenze è terminata nel modo atteso, il peggiore (non inficiante). Già dalla locandina, "Scandalo taciuto", del 2003, ispirato dalle novelle epistolari "Relazioni pericolose" di De Laclos (1782), promette concubinaggi di corte. La pellicola in costume di E J-yong, classe 1966, può piacere a chi apprezza questo genere. O sarebbe meglio smetterla?
Sezione "New Korean Cinema" (boh), trattasi di "licenziosi e immorali personaggi dall'[altrimenti irreprensibile] epoca Chosun". Geishe inattese, fuochi improvvisi, giochi sfuggiti di mano, tradimenti procedurali e muretti scavalcati. "Tutti lo fanno, tutti lo sanno, nessuno ne parla". Insomma, quei vizi e quelle virtù. "Non sapevo nulla dell'amore, che devo  fare!"...
Siamo già scivolati nelle sete colorate dei sentimentalismi d'appendice. Faremo il palato. L'alibi del "genere", però, va strettino a chi percepisce la potenza del Cinema. Ho intravisto la recente ciattellata sulla critica cinematografica, piegata ad Oscar e Fattoria. C'era da dirlo? Devono farlo proprio loro? In questo caso, è stato il pubblico sollucherarsi.
Inutile, mica solo il finale. E...va bene così. Ché poi son solo buoni film (ed E?).
(depa)

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