Dio vende

Arriva un apprezzamento, per noi diviene un consiglio. Che si fa ambiguo, se la pellicola oggetto dell'entusiastico (ironico?) commento è la polacca "Corpus Christi" (2019). Scritta e diretta da Jan Komasa, pozaniano classe 1981, mescola tragico e comico con (troppa?) disinvoltura, scivolando variamente su punti oscuri(antisti?) e luoghi invero troppo comuni. Schematismo d'accatto fuori tempo massimo. Verso la nuova comunione di uomini liberi, "la strada è luuuuunga!"...
Una partenza in riformatorio che, tra un bullo comune e un abuso logoro, promette un'algida e pulita pellicola polacca. La sterzata, con la situazione imprevedibile a pepare e, soprattutto, zuccherare. Non che la tensione non venga cercata. Ma quando parti con l'odio poi fai la mossa e la butti in caciara, hai voglia!, a mantenerla. Quando padre piange, scoperto, mi chiedo se il film ce l'ha con me (dovrei "soffrire"?).
Ambiguo perché come spesso è accaduto e accade, privo di critica coraggiosa, doverosa, indirizzata, si ritrova ad essere più oscurantista del devoto. Che dalle navate di una chiesa possa colare una qualche bildung è una cretinata (torna in carcere ed è pronto per il duello; semmai avrebbe dovuto sprofondare). Che la vedova rinnegata confessi che il marito era "molto agitato", è una mezza infamata (in tempi di controllo securitario, non fa bene). O forse non voleva dire niente. E allora bonci. Rimane l'illuminante intuizione che l'allucinazione di raver e preti hanno molto in comune (fascino spirituale). Non ho altri spunti (inutile recriMinari!).
(depa)

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