Appena finito di veder "Festival". Apprezzabile tragicomica, del 2020, tra humor nero e tenerezza vera, scritta e diretta dall'esordiente, sudcoreano classe 1982, Kim Rok-kyung. Nella sezione "Independent Korea" del FKFF 2021, un guizzo di creativo, con sapiente, non semplice, equilibrio tra dramma e ironia. Sinora il meglio.
L'incipit calibrato nell'andamento da "Storyteller". Tocco delicato per andare avanti, nelle battaglie quotidiane. Ballerini di strada (MC) che promuovono carne di maiale in offerta. Soldi. Soldi per il funerale. Soldi al funerale. Nell'ottima scrittura, su mancanze e rimpianti, con tutto il festival dell'ipocrisia attorno, l'avidità Capitale: il lutto ha il listino prezzi. Stai su Kim Kiung-man.
Ritto sulla corda tesa tra riso e dolore (il lavaggio del volto del padre defunto), tant'è assurdo tirare innanzi (lavorare). "Hai guuu!".
"E' morta? Come è possibile?!". Si ride nella Valéry, aspettando Kiung-man ("Lo chiamo subito, vi faccio sapere"). "Hai appena detto cazzo?!". Poi lo sbirro, alèèèè! (pellicola su orgoglio e chi ne è privo). La filippina, ahahah! Si riride. "Cosa dice?".
Sempre ottimi attori, sino al flashback finale evitabile, ma i giochi, ottimi, erano ormai fatti.
(depa)
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