Proposta già accettata. "In Bruges - La coscienza dell'assassino" (2008), del regista londinese Martin McDonagh, "bello" per alcuni, "filmetto" per altri, oltre a ribadire "una città da favola" ("coi suoi canali e le sue chiesette, gotiche, giusto?"), ricorda che "non bastano un nano e un po' di cocaina a rendere un canovaccio originale e accattivante" (un film ottimo). Picchia giù Elena, mi accodo, ché la materia, seppur brillante, è a grana bella grossa.
Dio vende
Arriva un apprezzamento, per noi diviene un consiglio. Che si fa ambiguo, se la pellicola oggetto dell'entusiastico (ironico?) commento è la polacca "Corpus Christi" (2019). Scritta e diretta da Jan Komasa, pozaniano classe 1981, mescola tragico e comico con (troppa?) disinvoltura, scivolando variamente su punti oscuri(antisti?) e luoghi invero troppo comuni. Schematismo d'accatto fuori tempo massimo. Verso la nuova comunione di uomini liberi, "la strada è luuuuunga!"...
Immobile Club
Non che si sia perso tempo, come potete, ma, ai primi di maggio, vi fu il Secondo Rientro nelle sale, che ha trovato Elena e me famelici nella Uno del Sivori. Si è partiti con due pacchi da cinefili, peggio per loro, ché "Minari", dello statunitense classe 1978 Lee Isaac Chung, è una fuga impossibile, oggi come quarant'anni fa. Dalla città, da sfruttamento e alienazione, da se stessi. Con tocco che sconcerta, illusioni e speranze, sorrisi e dolori d'ogni capitalismo. Impeccabile.
Trame corte
La prima giornata dedicata al Film Festival Coreano a Firenze è terminata nel modo atteso, il peggiore (non inficiante). Già dalla locandina, "Scandalo taciuto", del 2003, ispirato dalle novelle epistolari "Relazioni pericolose" di De Laclos (1782), promette concubinaggi di corte. La pellicola in costume di E J-yong, classe 1966, può piacere a chi apprezza questo genere. O sarebbe meglio smetterla?
Che Festa di Vita
Appena finito di veder "Festival". Apprezzabile tragicomica, del 2020, tra humor nero e tenerezza vera, scritta e diretta dall'esordiente, sudcoreano classe 1982, Kim Rok-kyung. Nella sezione "Independent Korea" del FKFF 2021, un guizzo di creativo, con sapiente, non semplice, equilibrio tra dramma e ironia. Sinora il meglio.
L'ha già visto
Turna. Avanti con lo psycho thriller killer ("Que c'est que ce?") al FKFF. "Ricordi dal futuro" (t.internazionale "Recalled") è un film del 2020 diretto da Seo Yoo-min, regista scrittrice classe 1974 alla sua seconda opera. Mi ripeto pure io: confezione, nastro, tutto perfetto. Manca il fiocco, manca il confetto!
Amici vecchi
Nel quinto lungometraggio del FKFF, mi imbatto nella sezione "New korean cinema". Altra pregevole fattura, "Friend" (2001), terza opera del regista classe 1966 Kyung-Taek Kwak. Riproposta godibile, capace d'un crescendo ammirevole, tra i ragazzi di quartiere, alcuni bravi, altri "Bravi". Storia di gangster e amicizia, intensa, ma scontata vieppiù vent'anni dopo (mea culpa).
Zia Truffy
I coreani hanno già dimostrato di saper giocare col thriller, innestando nel filone internazionale intricati incroci d'intime ossessioni, trame che portano al sangue. Con "L'intrusa" (2020), film d'esordio di Son Won-pyeong, presentato nella sezione "Orizzonti Coreani", dalla Penisola ribadiscono a gran voce: lo sappiamo fare. In attesa delle creazioni, sognando Kim.
Separa i predicati
Il quarto film del FKFF, passato in sala Valéry, è stato "Un luogo lontano". Storia di fuga e d'amore diretta dal regista, classe 1984, Park Kun-young: attorno allo scontro dei cuori, quello delle generazioni. In uno stile freddo e compassato, ma capace di fiammate, guardiamo quest'ennesimo racconto d'esistenze insoddisfacibili, tra cotanta ipocrisia. Solita buona fattura, palline però.
Rabbia vecchia
Proseguendo lungo il sentiero del FKFF, ancora nella sezione "Orizzonti Coreani", la terza tappa ha previsto "Fighter". Classica storia di boxe come rivalsa, ma non solo. La pellicola diretta da Jero Yun (Busan 1970, qui al quarto lungo), in linea con le altre del festival viste sinora, mostra un autore completo, attento alle immagini e ai ritmi, supportato da interpreti sempre all'altezza (su tutti questa protagonista: Lim Seong-mi, 1986).
Redofobia
Il secondo lungometraggio al FKRR è "Best friend", pellicola del 2020 appartenente al filone dedicato alla lenta e sanguinosa democratizzazione della penisola coreana. Diretta da Lee Hwan-kyung (1970), ripropone la commistione tra commedia e dramma civile, già riscontrata nel cinema sudcoreano, che guarda con coraggio al proprio passato (paura del presente?). Le vite degli altri fanno sempre gola a dispotici e autoritari.
Yaku-là
Nel frattempo...in sala Valéry...è ripassato Takeshi Kitano (che è vivo). Ci siamo messi a rivedere e chiacchierare sulla sua prima co-produzione statunitense. La stessa reazione di vent'anni fa, per "Brother" (2000), quando si colse l'inconfondibile firma, al servizio del poliziesco americano. Una katana, macchiata di ketchup, rimane un prezioso, unico, manufatto.
MeloKò
Incominciato ieri il Festival del Cinema Coreano di Firenze (FKFF! online: per Kim). Il film d'apertura è stato "Josée", del 2020, diretto da Kim Jong Kwan, classe 1975, al suo quarto lungometraggio. Ineccepibilmente girato, rappresentante la più scontata delle storie d'amore. Le immagini non coprono la scarsa profondità di intreccio e dialoghi; questa volta la scuola coreana non tiene a bada il sentimentalismo.
Testa dritta
Non ne abbiamo perso uno. Di lungometraggi, al Trieste Film Festival. Perché vien mangiando, quando è buono. Elena ed io, in pole davanti a "Non piango mai" (2020), pellicola polacca scritta e diretta dall'esordiente Piotr Domalewski (attore-sceneggiatore-regista classe 1983). Altra buona fattura a narrare una grande determinazione, singolare femminile, qualità troppo spesso dimenticata.
Tuttx bullizzattx
Alle porte di un nuovo festival, provo a concludere almeno i lungometraggi del vecchio. Dall'ultimo "Trieste", "Esilio" (2020), pellicola kosovara-tedesca, scritta e diretta del regista Visar Morina (Pristina 1979), che quel percorso l'ha conosciuto, scorre mescolando xeno e psico fobie. Tutto reale, nell'odierna società civile.
Spyricoz
Allora avanti con la commedia italiana, ancor più sbarazzina, parodiante le cortocircuitali spy-story statunitensi, 007 già in locandina. Lo sapevamo: Luciano Salce può scherzare quanto vuole, col "Mattatore" in lana natalizia e pon-pon, in "Slalom", del 1965: il risultato è un'esilarante quanto ritmata avventura.
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