Ospital!

Con una pellicola da "Bibbia", segnalata da "Foglio", non so se mi, scopriamo Wojciech Has (1925-200). Gli intenti pedagogici dei precedenti lavori dell'autore polacco non inficiarono l'autorialità del suo esordio cinematografico, datato 1958. "Il cappio" (t.o. "Petla") è quello stretto dalla dipendenza. L'alcol abbranca il collo di molti protagonisti, boia di se stessi, d'una solitaria tragedia. Ogni spazio fa spavento, ogni parola brucia dentro.
Attorno a Gustaw Holuobek, solo note cupe. Krystyna è un bacio sulla fronte. Di Kuba, "un piccolo polacco" in piena paranoia. "Nulla è importante Kuba!". Mistero allucinante sui murales di Cracovia. Piani multipli per diversi livelli di angoscia. "Allora, tanti auguri, Kuba!". Il coraggio delle donne vicine. Antabus! Rumori di bottiglie, gridate, tra gatti e volpi della mente. Un film che va al sodo, che ben rappresenta le dinamiche alcoliste. "Tornare alla vita! Cambiare tutto!". "Dimenticare tutto...non rimpiangere nulla!". Pijak nel girone infernale, dove il tempo scandisce astinenze e solitudini. Ma "chi beve, berrà sempre. E' un gioco senza fine". Non ci si guarda negli occhi, che intanto non vedrebbero più ("Krystyna sei tu?!"). Trillano i telefoni nel thriller, del cardiopatico, che Elena si aspettava. Intenso, dice a fine visione di questa "eterna attesa", prima di "finire nello spazio vuoto".
(depa)

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