Tra i film lasciati in "Sala" nel 2023 devo ancora ancora due sul titolo che ha permesso, dopo tanto tempo perso, a Luc Besson di fare ingresso nel nostro umile totem cinerofumiano. Il regista parigino che raggiunse le orecchie di qualsiasi cinefilo nel 1990 (ricordo decenne la visione tosta della drogata assoldata dai servizi segreti) è tornato con una pellicola convincente. Lo ha fatto rischiando, ma riuscendo nella scommessa, in voga, di rendere autoriale una dark story. "Dogman" emoziona come un cane complice.
Un soggetto accattivante, una mise en scene sfavillante, roboante e sporca (fotografia del francese Colin Wandersman), interpretazione principale intensa: il texano, classe 1989, Caleb Landry Jones ci mette corpo ed energia. Corpo, massa carnale che attanaglia gli spiriti più alti. La pellicola grufola elegantemente nel contrasto tra l'anima pura del protagonista e suoi unici amici e la cattiveria di chi lo circonda (famiglia in primis). Contrappunto rappreso in materia viscosa. E così, i rimorsi negati da Edith Piaf solcano splendidamente un altro palco cinematografico, contro tutti i dolori passati e futuri.
(depa)
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento