Quell'improvvisa voglia di Woody Allen, in quel grigio fine settimana, fece sì che non lasciassimo uscire il regista e attore newyorkese neppure dallo Studio Negri. Rimanendo nell'età più dorata di Allen, avanziamo sino al 1986, anno in cui "Hannah e le sue sorelle" raccontò mirabolanti svolte sentimentali, tra nevrosi bloccanti e guizzi gioiosi. Proseguendo sui maestri, nulla è impossibile quando quel "muscoletto molto elastico" si mette a vibrare.
M.G.M, arriva già musicante sugli usuali ed eleganti caratteri tipografici noti. La fotografia cambia, entrando in campo il maestro romano Carlo Di Palma, che accompagnerà Allen sino al 1997 (altre 12 volte). Questa volta Woody è Micky Sachs, ipocondriaco pluri-miracolato di cui (non) innamorarsi, uno dei partecipanti della tipica ronde alleniana. Nevrotica, impacciata, buffa, desolata. Mia Farrow, per la quinta volta diretta dall'allora marito, è perfetta come sempre, nel condensare nel corpo e nella voce le paturnie di una borghesia impotente. Le consuete prove attoriali di Michael Caine, Barbara Hershey e Dianne Wiest danno alla visione quella gustosa robustezza che Allen dimostrerà di saper estrapolare anche dai giovani neofiti. Commedia psicologica, romantica, letteraria, ironica, graffiante. L'imprevedibilità dell'amore, in mezzo anche Mickey, in piena crisi esistenziale, in cerca di calma. Al cinema "Metro" a rigenerarsi nella sua arte, riscoprendo se stesso, un senso nella propria vita. Il mazzo di carte è lanciato in aria, tutte le combinazioni sono avverabili. Stupendo
(depa)
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