Tutte Libere!

Rientrati nelle grandi sale, dopo oltreseimesi, quelle stesse che hanno tradito l'universalità indiscriminabile dell'arte cinematografica, è bello ritrovarmi con Elena nella minuscola "FilmClub" per abbracciare un cinema semplice, sincero quanto intenso. In cima a salita Santa Caterina per dare il benvenuto al cinema del Ciad. "Una madre, una figlia" (t.o. "Lingui - Les liens sacrés") è un determinato affresco di un'altra società oppressa dallo sfacciato patriarcato. Mahamat-Saleh Haroun, classe 1982, non è al primo lungometraggio. Si vede.
Una mamma e una figlia, senza nessuno attorno. Sole trafitte dal traffico innaturale di ferraglia indifferente. Accerchiate da vuote parole di libero dominio, ingabbiate dai recinti della religione che passa il Potere. I Sacri Vincoli del titolo originale sono molteplici. Le catene del patriarcato mietono vittime con intensità militari, miliardi di esistenze intrise d'assurda prevaricazione e violenta sottomissione (da poco è noto delle 9 donne algerine su 10 stuprate dall'occupante francese: negare il deterrente, ma soprattutto l'ostracismo religioso-familiare). L'impalcatura si tiene su a stento costante, basta un "colpo su colpo" per tirarla giù.
La sensibilità di Haroun si staglia dalle primissime immagini (penumatici) e prosegue con delicatezza, senza imporsi, dietro la rabbia delle protagoniste.
(depa)

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