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Avanti con Hiroshi Teshigahara. Anzi, indietro, al 1962, quando il regista nipponico strinse il suo patto surreale con lo scrittore Abe Kobo. Ne fuoriuscì un grottesco che ben esplicita, con allegoria non necessaria, il rapporto di sfruttamento, logorante o omicida, sotteso allo strumento Lavoro. Una "Trappola" ("Otoshiana"), dove i demoni del sindacato fanno tutto il resto.
Rinascere demone o nel sindacato dei minatori, poco importa. "Pitfall" è il lavoro, campo da cui disertare, "che gran fortuna" trovarlo! Nella desolazione sociale, gli escrementi dell'estrattivismo ammorbano ambiente e comunità. Fame e crolli. "Più sai peggio è", altro che "Potere". Essere invisibile, da morto, è inutile. Tra Vecchia e Nuova Cava, fantasmi per sopravvivere, entrambi fusi in una "eroica" figura dei nostri tempi. Lotte intestine, proletariato e classe lavoratrice, "come da progetto", avanzano disunite.
Per la seconda volta con Teshigahara, anche Elena nella "Valéry", con me, un po' perplessa per sì esplicita e fantasmagorica critica sociale. Ma si prospetta una filmografia fantastica.
(depa)

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