Fatica Travaglio

Il cinema giapponese. Ci finisci e rischi. Da solo, isolato alle prese con te. Abbiamo già incontrato Kaneto Shindô. Il "vivace e prolifico" regista di Hiroshima, nel 1960, stupì le platee con una pellicola toccante e raffinata sulle lotte quotidiane di alcuni. Per sopravvivere su "L'isola nuda", come miliardi di contadini hanno insegnato, non serve parlare.
"Per coltivare molto intensamente...Terreno arido". Non sentirete altro, ma vivrete un'ora sorvolando l'isola dove uomo e natura battibeccano per tutto l'arco solare. Isola Nuda, come un muro pulito, con quattro muti inconsapevoli fitzcarraldi degli orti.
Due anime solitarie unite come un remo alla barca. Esistenze silenziose, parlanti il linguaggio del vento. Ai "ciao" ci pensa la natura (la capra). Su e giù, avant'indrè. Intensità nella monotona laboriosità dei due contadini miseri e determinati. Dimostrazione che tra gli infiniti e possibili "occhi", la scelta già di per sé è un racconto, personale universale, intimo artistico. In quaranta minuti una giornata che è un stagione, faticosa quanto appaga un panorama naturale, lontano. Autunno, Inverno. I versi cambiano metrica. Solo in Primavera i primissimi sorrisi (per un pesce sacro). Fotografia fluida, libera, priva di geometrie innaturali, immediata. Le musiche di Hikaru Hayashi esaltano i momenti più evocativi.
Con amore, una cartolina da un Giappone scomparso come il passato.
(depa)

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