Sempre in omaggio all'attrice parigina Anouk Aimée, all'"Oberdan", è stato proiettato il film "Model Shop" ("L'amante perduta", in italiano), del regista del nordovest francese, Jacques Demy. Questa pellicola del 1969, cogliendomi impreparato, porta avanti il discorso sulla bella e triste "Lola", cominciato una decina d'anni prima. Con stessa carezza e stessa lacrima, avvolte, però, dai colori e dagli spazi dell'estremo ovest statunitense.
Pellicola che culla lo spettatore, musica e colori affabulano, innalzandolo o atterrandolo in base agli stati d'animo dello simpatico e sfortunato protagonista. Sunset degli USA che stanno bene, che hanno una colonna sonora per ogni giorno, e notti dure per quelli dall'other side.La Aimée è una calamita commestibile per gli occhi. Lola, ancora una volta Lola. Vale la pena di seguirla...Regia e interpretazioni a proprio agio tra gli "Spirits" minacciati di essere scaraventati sul fronte infame ("una condanna a morte"). La musica classica prende corpo, ad isolare l'individuo nella propria carrozzeria.
"L'amante perduta" è ogni gioia, delusione, scopata, litigata rubata da ipocriti e meschini che non proveranno nemmeno, mai, alcuna tremenda sensazione di rimorso per quel furto vitale. Che ironici, questi americani, a chiamare come creature alate una città pronta a spedire innocenti vittime ad un mattatoio lontano!
Colori pop che stridono (sirene e rombi) col buio (silenzio) dentro.
Ringrazio Demy per il piacevole viaggio, anche se quel dialogo finale, chez Lola, ha scosso un po' lo schermo, col suo sentimentalismo improvvisamente marcato, didascalismo rosa horribile visu, ma è solo un attimo, prima di scoprire (come la prima volta) che è davvero la linea del corpo, la cosa più bella che ci sia.
(depa)
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