Il peggior Martin Scorsese di sempre, secondo la critica, ma
soprattutto secondo il pubblico, tanto che, a causa del cocente insuccesso al
botteghino, il regista fu costretto ad avvalersi di una produzione indipendente,
per il suo film successivo. Ma questo “Re
per una notte” (1983), ennesimo “delirio” del regista newyorkese, a me non
è dispiaciuto per niente…
In questa pellicola, Scorsese indaga la follia “paranoica” di
un uomo e di una donna che idolatrano, rispettivamente per stima professionale
e per amore, un v.i.p. dello star
system televisivo americano.
Rupert Pupkin (Robert De Niro) soffre chiaramente di
schizofrenia. Si immagina dialoghi e incontri con il suo idolo Jerry Langford
(Jerry Lewis) che in realtà non avvengono e si comporta di conseguenza ad essi,
con l’unico obbiettivo, secondo lui ovvio e scontato, data la sua
incontestabile bravura, di diventare un comico televisivo di fama nazionale al
pari del suo idolo, che sarà il suo naturale apripista, concedendogli uno
spazio nel suo show, oltre che la sua
amicizia.
L’argomento non è nuovo nel panorama cinematografico (mi
viene in mente “The Wall” di Alan Parker, ma anche un, più significativo per i
cinefili, “Io ti salverò” di Hitchcock o l’italianissimo recente “Si può fare”
del semisconosciuto Giulio Manfredonia, per citarne qualcuno), ovvero quale
sia, e se esiste, il limite tra follia e ragione.
Pretendere di avere successo e credere in un sogno con tutta
la propria forza, tanto da essere disposti a qualunque cosa pur di ottenere una
chance, non può di certo essere
considerata follia, ma, se mai, autostima, tenacia e perseveranza. Tuttavia c’è
un limite dettato dal rispetto della libertà e della vita del prossimo, anche
se il prossimo è un ricco, famoso e un po’ arrogante comico televisivo, che non
si ricorda più quanto sia stata dura la scalata verso il successo. In realtà la
follia di Pupkin inquieterebbe chiunque e sono rimasto solidale con Jerry per quasi tutto il film, facendo tuttavia un po’ anche il tifo per
il protagonista di questa strana commedia “nera”, sintomo questo del fatto che
il film mantiene una certa equidistanza dal lussuoso e sconsiderato mondo dello
show business e dal carattere umile, goffo,
ingenuo e folle del protagonista.
La pazzia della protagonista femminile Marsha (Sandra
Bernhard), alleata di Pupkin, al contrario, è più “fuori d’ogni dubbio”,
trattandosi di una “classica” ossessione sentimentale, amorosa, che ha per
Jerry.
Un finale “a sorpresa” (vabbè… due potevano essere…) ha
ribaltato, tra gli applausi per Rupert, tutte le idee che mi ero fatto, (di)mostrando,
ancora una volta, quanto il limite tra follia e ragione, in una società
“malata” come questa, sia davvero sottile e relativo, ergo: tra il divo ricco e presuntuoso e l’umile e folle aspirante
divo, alla fine chi ne esce veramente sconfitto è la società.
De Niro è davvero magnifico nella sua interpretazione e,
pensando a ciò, mi è venuto in mente che (gravisssssimo errore!) trai film nei
quali si indaga il tema della follia in rapporto con la società, ecc.., mi sono
dimenticato di citare il grandissimo “Taxi driver” dello stesso Scorsese!
Ecco, per raccontare il personaggio di Rupert Pupkin basterebbero
queste poche parole: Rupert (e la sua follia) è l’alterego di Travis (e la sua
follia)… vedere per credere!
Film che vidi per la prima volta circa tre anni fa su
consiglio di Chicca e Albe, consiglio che giro ai ‘rofumiani, alla faccia del
risultato che ottenne al botteghino.
(Ste Bubu)
Esatto, "a noi del botteghino non ce ne frega un...gli spareremo un razzo, là là là là là!".
RispondiEliminaQuesto film è un monologo di De Niro, prova superlativa, assieme a quella della co-protagonista (che, nella sequenza "romantica" del sequestro, è davvero forte).
Se la regia di Scorsese, forse, è più "silenziosa", lo è perché il film tratta di un cortocircuito mentale, dell'individuo e della società (se quel cretino porta soldi, bene, diciamo in giro che è un genio!). Lo spazio attorno ai personaggi non dev'essere troppo, l'aria dev'essere irrespirabile, cosa che accade.
Tant'è che i colori di questo film, così come i mitici vestiti indossati dal protagonista, rimangono eccome...ne voglio il Blue-Ray!
Titoli di testa che sono summa artistica di Scorsese, immagini e musica a suscitare tutti gli altri.
Ho pensato subito a "Taxi Driver" (così come al fatto che quei tre punk scapestrati fossero davvero loro! Mentre a quei due film che hai citato no, sigh), trovando tra i personaggi dei due film la stessa distanza che c'è tra fuori e dentro (che poi vengono a combaciare sulla pelle). Travis era rabbioso, non ne era capace a relazionarsi, ne era consapevole (oddio, le "luci rosse...), ma in fondo non cercava la conferma di nessuno, infatti si ritrovò "eroe" a sorpresa. Anche Rupert è pazzo, ancora incapace, sebbene voglia relazionarsi "pure troppo" con chi gli sta attorno. Vabbè roba da letteratura psichiatrica.
In effetti, come potesse non aver convinto, rimane oscuro al mio intelletto poco acuto. Regista e protagonista osannati (tre anni dopo "Toro Scatenato") e chicca Jerry Lewis comico nazionale. Misteri veri.
Ripeto, Robert De Niro mattatore, ha tutto su di sé il peso di una pellicola a volte divertente, a volte drammaticamente angosciante. La scena nella villa di Jerry...grande.