Rapinare bene


Ricapitolando: Trieste Film Festival 2014, domenica 20 Gennaio è il terzo giorno di rassegna; per me e papà, il secondo. Il secondo film in programma (avete fatto bene i conti, vero? Ora moltiplicate tutto per 3!) è tedesco, diretto dal giovane Christian Alvart: "La signora delle banche" è il più classico dei "Bonnie and Clyde story" che, almeno, dimostra gagliardo che anche i tedeschi sanno fare il verso al cinema hollywoodiano dai fondi senza fondo. Calma, però, si tratta solo di un compitino ben fatto.

La vera novità è il ritorno del Prof. al mio fianco, dopo due pellicole con bandiera bianca. Come biasimarlo? Pioggia, gulasch a doppio fondo e bobine mediocri. Ho scritto "al mio fianco", in realtà Pa' s'è nascosto in qualche posto in sala, protetto dal chiaroscuro della proiezione in corso. Ma veniamo al film. Questo "Banklady", ispirato alle reali gesta compiute negli anni '60, ad Amburgo, da una ragazza repressa quanto dolce ardimentosa (Gisela Werler, idola in patria, interpretata da una bella e brava Nedeshda Brennicke). Il film scorre rapido, mostrando una fotografia attenta ai contrasti, tra i colori sgargianti delle vetrine e la ruggine dei tristi giorni della protagonista, sino a quando il pepe dell'illegalità verrà a provocarle qualche starnuto degno delle prime pagine nazionali. Sequenze girate a grande velocità, coadiuvate dalle ormai assodate trovate del cinema moderno (splitscreen in direzioni diverse, giochi d'incastro, linee pop, fermi immagine e accelerazioni), il regista mette tutto nel calderone, piani sequenza, oltre i tetti dalle tegole rossastre, degne di montagne russe mozza fiato. E' un bel vedere, non c'è che dire.
Voltando la medaglia, la narrazione segue binari sicuri e ben saldi, senza arrischiare nulla e perdendo in fascino. Quindi: ecco a voi il rude poliziotto grassottello che prende a pesci in faccia l'investigatore fresco di studi a Scotland Yard ("Ti mando a fare le multe eh!", motto che non mette paura al detective, ma tristezza me in sala, sì), c'è l'incapacità di non compiere l'ultimo fatidico colpo (ovviamente sarebbe quello risolutore), e altro che ora non ricordo. Esempio: durante una rapina, cos'è che fa saltare tutto lo schema? C'era la collega della ladra in parrucca allo sportello (ve lo immaginate Sir "Hitch" che sorprende tutti piazzando una vicina di casa dell'assassino sulla scena del delitto, pronta a spifferare agli sbirri?).
Concludendo, il film manca di coraggio sia nell'aspetto, sia nel canovaccio. La mia buona fede (e volontà) mi spinge a sottolineare lo sprazzo di originalità che, in ogni caso, è andato a perdersi nella banalità delle sceneggiatura: la sequenza della fede nuziale durante una delle rapine. Lì si che la pellicola ha assunto carattere proprio. Poi si tornerà a sentire il collega impacciato del poliziotto buono che "il capo ha detto che colpiranno una delle banche già rapinate!" (supposizione priva di senso, visto che non era mai capitato) e ci aspetterà anche un'altra incomprensibile sequenza a rallenti spiegato (fragole, cavoli e aceto a merenda).
Dato il livello delle altre pellicole viste, dispiace persino che "Banklady" fosse fuori concorso; sezione "Sorprese di genere", voto: 3.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento