Già, già, lo "Spazio Oberdan" è davvero partito alla grande. Complimenti. E grazie. Il terzo film proposto nei primi due soli giorni del 2014, appartiene alla retrospettiva dedicata al regista tunisino (naturalizzato francese), vincitore dell'ultimo Festival di Cannes, Abdel Kechiche. "La schivata" ha dieci anni di più di "Adele", ma la stessa forza vitale, capace di percorrere le dinamiche interpersonali, questa volta, di un gruppo di ragazzi di una moderna e dimenticata periferia francese.
Linguaggio infantilmente scurrile ("cioè, che ti dice la testa? Miei coglioni!") ma che sottende tanta di quell'energia da incanalare il meglio possibile che è un piacere da ascoltare. Poi c'è il luogo, panchine e giardini di un sobborgo popolare (Saint-Denis), che è inquadrato con ottimo taglio, ad isolare dall'esterno e a bastare per sé. Perché quegli spalti improvvisati per permettere, a uno o due amici, di assistere alle prove, sono forse l'immagine che durerà maggiormente nella nostra memoria. Quindi, giovani attori non professionisti (ai tempi) bravissimi a restare dinanzi alla m.d.p. come ogni maledetto giorno.La sceneggiatura è semplice ma esatta, attenta a non mostrare il fianco a facili conclusioni o vergognosi scivoloni. Basti pensare che il fattaccio finale, tenuto abilmente sul fuoco lento per tutto la durata del film...non avviene (così come non avverrà alcun lieto e stucchevole fine). Qui sta la forza di questa pellicola: non sono tanto gli episodi reali, di per sé (o soltanto), a rendere alla perfezione la faticosa e fascinosa strada adolescenziale dei giovani protagonisti. Il teatro, ancora una volta, come mezzo di tutti per provare un percorso di crescita alternativo. Salvifico. A tratti paiono i partecipanti di una della attuali trasmissioni televisive (interessantissime...), lesti a sbraitarsi contro le peggiori calunnie, i più oltraggiosi epiteti (a tal proposito, una parola in favore del doppiaggio italiano, intrinsecamente delicato, ma volenteroso); solo che il risultato, nel loro caso, è un'ottima rappresentazione di una realtà da conoscere in quanto tale, in tutta la sua crudezza; nel caso dei teatrini defilippiani, espressioni del berlusconismo più becero, proponendo soluzioni irrealistiche, in quanto prive di analisi ad ampio respiro, il pubblico incamera il prodotto senza trarne arricchimento. Questa pellicola, invece, con occhio maturo (la rappresentazione dei "nemici sbirri" pecca un po' di superficialità, ma non in credibilità), offre un affresco sui cui svettano gli immensi occhi e le articolate espressioni della giovane reginetta della banlieue parigina; Sara Forestier (Bordeaux, 1986), col suo Premio César come miglior promessa femminile (il suo dolce volto tra i biondi capelli che si confondono coi raggi un pavido sole deandreiano, regala attimi di gran cinema), impreziosisce una sceneggiatura, una regia, un film (anch'essi premiati alla stessa manifestazione), che danno corpo alla filmografia del regista tunisino. Tutto da scoprire.
(depa)
Condivido pienamente la tua recensione.
RispondiEliminaAbdel Kechiche offre un panorama bello ed estremo dell’età dell’adolescenza, mostrandone l’intensità e la passione, la paura e la sfrontatezza.
Dialoghi volgari e diretti (“neri” come piacerebbero a Tarantino) mostrano subito le caratteristiche di ogni personaggio, tra le quali, in finale, ne risulta una comune su tutte: l’innocenza e l’insofferenza al cospetto del “mondo dei grandi” (mi vengono in mente la scena in cui il protagonista non vuole andare a trovare in carcere suo padre e il “confronto” davvero poco amichevole con le “forze dell’ordine”…).
Appassionante veramente questo film. Gli autori riescono a tenere sulla corda lo spettatore per quel “sì” o quel “no”, coinvolgendo appieno, grazie anche ad ottime riprese a spalla (come piacerebbero ai Dardenne), ai sopracitati dialoghi e all’”intrusione” del teatro nella trama, per una “storia vera”, a pensarci bene, di base molto comune trai giovani. Questa, a mio parere, è la prova del nove della sua bontà, già analizzata bene e nei dettagli da depa nella seconda parte della sua recensione.
Sul finale si gioca un po’ sporco, ma ci sta: zero fronzoli inutili e un’ultima inaspettata “schivata”…
Consigliato.