Finalmente un pomeriggio
infrasettimanale di relax... Fuori dalla sala Ninna piove e fa freddo, si ode anche un tuono in lontananza mentre la
pioggia scroscia sul pavè di via
della Maddalena, centro storico di Zena.
Ho voglia di relax anche cinematografico, di incontrare un vecchio amico della
sala e, dopo essermi messo comodo, farmi raccontare nuovamente la sua pienissima
e dolce/amara vita…
Dopo aver letto “La mia vita”, autobiografia di Charlie
Chaplin, rivedere per una seconda volta “Charlot”,
film girato nel 1992 dal regista Richard Attenborough, tratto dalla sopra citata
opera letteraria, si è rivelato uno scavare ancora più a fondo nei sentimenti e
nelle idee di questo grandissimo e indimenticabile artista.
Un personaggio decisamente sicuro
di se e determinato, ma allo stesso tempo umile e semplice. Semplice come le
sue origini, umile com’era allora la sua arte, sicuro di se e determinato come
il suo personaggio, il vagabondo, attraverso il quale mostrò anche il suo lato
sognatore, istintivo e romantico, pieno di buoni sentimenti, ma anche di
contraddizioni che col passare degli anni diminuirono, parallelamente ad una
crescita di presa di coscienza di quello che era il suo potenziale artistico e
"di propaganda". Mentre opere come “Il monello” commuovevano e divertivano ancora
il mondo intero, lui si sdegnava per non aver ancora espresso le sue idee in quel periodo storico così difficile ed importante,
così che da questo senso di colpa nacquero pellicole come “Tempi moderni” e
soprattutto “Il grande dittatore”, film che segnò casualmente, per motivi che
nulla hanno a che fare tra loro, la fine del personaggio del vagabondo e della
burrascosa storia d’amore tra Chaplin e gli Stati Uniti d’America.
“Charlot” è un film ben girato. La
sceneggiatura è molto fedele al libro e il regista ha aumentato la mia dose di attenzione
e mi ha emozionato negli stessi passaggi in cui lo fecero le dirette parole di Sir. Charles. L’attore protagonista Robert Downey Jr. è bravo, ma non
giudicabile (do you know what I mean?).
Carina l’idea di rendere “pantomimesca” l’assurdo montaggio de “Il monello” che
Chaplin e la sua squadra dovettero eseguire (episodio da me pubblicato trai
commenti alla recensione della sopra citata).
Il finale mi sembra diverso da
quello del libro. Un epilogo obbligato per questa pellicola, già
precedentemente scritto dall’ingrata e opportunista Hollywood, che Attenborough si
è solo limitato a raccontare... Faccio “spallucce” come hai fatto tu, Charlie… Ci
sta...
Alla fine ci si sente un po’ più
colti. L’unica contro indicazione è che viene voglia di riguardarli tutti!!!
(Ste Bubu)
Il personaggio è così grande che non si fatica a seguire il film sognando la determinazione e l'inquietudine che mossero i suoi primi passi e accompagnarono tutti i suoi giorni. Il film dev'essere visto perché a Chaplin si deve moltissimo (altro che oscar riparatore), poi perché il protagonista è bravissimo nel dar corpo, seppur abbozzato, a quella complessa, mitica e semplice, personalità; quindi sì. si può mandar giù anche una sceneggiatura piuttosto frettolosa. Ma, come hai scritto, a noi è concessa la possibilità unica di rivederli tutti, quante volte vogliamo...
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