Il "Circolino" è ripartito. Ciclo sul cinema cinese, in programma "La strada verso casa", di Zhang Yimou, del 1999. Favola d'amore che affascina come una bella donna che entra nel locale, ma che spegne i bollori con sciocche parole...
Pellicola che, a quanto suggerisce il curatore Giorgio De Giorgio, nasconde tra le immagini una grande storia d'amore del regista. Questo potrebbe spiegare la distrazione dimostrata, la classica scivolata col vassoio in mano (sì, la tizia dell'introduzione era la cameriera). Sì perché il film regala un vero e proprio colpo di fulmine, colla sua capacità di riassumere il tempo che passa e, soprattutto, cambia, inesorabile assoluto relativo. L'ieri, al confronto, era un tempo a colori, quando c'era tutto quel rosso che forniva colla ai momenti da non dimenticare (che belli quel cappotto e quelle trecce che corrono (il regista se ne accorgerà e vi si appiglierà anche sul finire del racconto). Cinema armonioso fatto di inquadrature affettuose e sguardi languidi circolari. Troppo? Siamo al limite. Ma la forza del sentimento arriva sincero, almeno sino a tre quarti della pellicola (intensi sorrisi e potenti rincorse).
La fotografia orientale che perde (cede?) qualche set al mercato hollywoodiano, che sempre miete vittime tra i cineasti (rallenti al miele a nastro); tant'è che , alla fine, la tradizione sarà salvaguardata solo dal denaro della grande città...ah no, è vero: l'ammore (sì, anche in quella remota radura echeggia il flauto del colossale "Titanic", suvvia!). La lezione finale sarà la un po' come un amuleto restituito all'oceano (non si può vedere). Piango...
(depa)
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