Completate le proposte cinematografiche di mezza estate. Nelle sale la buona e oculata selezione del “CircuitoCinema”. Cominciamo dall’ultima: ieri sera, nella "FilmClub" da una quarantina, eravamo io e una coppia di signore per una produzione hispanicoitalica senza sapori nostrani: “Casa in fiamme”, diretto dal barcellonese Dani de la Orden, classe 1989, già specializzato in commedie familiari, è un massacro del focolare a lieto fine, dark commedy dallo humor dalle stesse doverese tinte, per mettere a fuoco, letteralmente, incoerenze e ipocrisie proprie delle relazioni più prossime.
Le dita dello Stato
Con Elena, nella sale, abbiamo recuperato “Shayda”.
Film del 2023, scritto e diretto dall’esordiente Noora Niasari, regista iraniana
espatriata da bambina in Australia. In questo film autobiografico, il calvario
esistenziale di una donna-madre oppressa. Da un marito rincoglionito di fondamentalismo, da altri mariti che compongono lo Stato, che ha dita ben più lunghe del suo braccio armato.
Salva Guardare ?
Con tali domeniche di sole, il cinema finisce
all’ultimo spettacolo, dove nella grande Sala 1 dell’“America” siamo con altri 6
sconosciuti per quello che viene definito un thriller-horror ricercato, con una
caratteristica lampante: a stretto giro mensile ancora con Steven Soderbergh: “Presence”,
dell’anno scorso 2024, intrattiene e suggerisce come un buon amico immaginario.
Punto di lettura
In TV, nella veste
restaurata nel 2021 dall’Istituto Luce di Cinecittà, è transitato “Al di là
del bene e del male”, del 1977: per noi la maniera per far accomodare in
sala 'Rofum Liliana Cavani. La regista di Carpi, classe 1933, con la sua 5° pellicola, ci
ha dispensato gocce bollenti del suo cinema antitotalitario e letterario.
"Bella anche se fa male"
Il ciclo dedicato a
“Rock Hudson: cuore ribelle”, in onda sul canale RaiMovie, ci ha permesso di
incontrare per la 4° volta Douglas Sirk che, nel biografico “Inno di
battaglia”, del 1957, impasta materia bellica e amorosa, con coraggio di marines
indomito e sensibilità di pacifista innamorato.
Settlers At Work
Quella che in questi
mesi potrebbe apparire una pellicola anacronistica, si rivela invece la più pregnante “propaganda politica”. “Happy holidays”, del 2024, secondo lungometraggio
del palestinese, classe 1975, Iskandar Qubti (che gli valse un “Oscar” e una “Camera
d’or”), è ambientato in salotti agiati, ma già pronti alla deflagrazione: anche
questa è colonizzazione.
Mettersi e panni
Un Sydney Pollack ogni tanto. Così, per "Tootsie", del 1982, siamo giunti alla 7° volta
col regista dell’Indiana. Che s'intravede? L'abile director di commedie e drammi, su tinte più o meno progressiste, interpretati dalle Star del tempo.
Fidelis temper
Ieri sera, nonostante le temperature calmate, la
stanchezza la faceva da padrona. Un film con Silvester Stallone dovrebbe
assicurare una certa leggerezza che, alla peggio, può trasformarsi nella
più trascurabile pesantezza. E’ chiaro che abbiamo visto "Johnny Bobo" (t.o. "Bullet to the head", 2012) soltanto per Walter Hill, qui tornato
pedissequamente ai buddy movie che lo resero celebre nei pressi degli angoli
gialloblu dei supermercati. Altrettanto lampante che, anagrafica e
professionalità, possono intersecarsi ottusamente.
Una forza in più
Su "RaiMovie", all’interno del ciclo "Meravigliosamente classico", la fase dedicata a “Rock Hudson:
Cuore ribelle”. “a 100 anni dalla nascita [17-nov-1925] dell’attore
statunitense simbolo che ha sconvolto i canoni dello Star System Hollywood”. Causa
omosessualità, Roy Harold Scherer Jr, poi Fitzgerald, dovette fare incetta di
rospi. Questo dolore, abbinato al solido fascino, emerge quando diretto da Douglas Sirk, come ne “Il trapezio della vita” (t.o. “The Tarnished Angels”), del 1957, dal “Pylon” di William
Faulkner…
Meglio poi
E che faccia caldo si capisce dai titoli che girano anche da "noi". Chi in ritardo, chi per l’ennesima volta, "Final Destination", il primo, quello del 2000, coi capolinea della vita rimandati con discese inattese, ma poi si risale, ch’“eppur bisogna andar”. Idea di fondo gustosa, ricoperta di humor nerissimo, cadaverico.
Crepita la crescita
Nella "Film Club" estiva e pienotta, "Tutto in un'estate" (t.o. "Holy Cow") della ginevrina, classe 1994, Louise Courvoisier.
Mancanza di atto
Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo l’incredibile discesa
ligustica di Alvarùs rodense, con Elena all’ “Ariston”, e il suo magnifico
pubblico, per vedere come se la passa ultimamente Mike Leigh. Il regista
ottantaduenne, dopo quasi trent’anni dalla sua Palma, col nuovo “Scomode
verità” (t.fr. “Deux sœurs”, t.es. “) torna alle sue indicibili rivelazioni,
non è una società per addolorati.
Avanti solo
Il 3° appuntamento con la rassegna “Ecce Nanni” prevede il
terzo lungometraggio del regista di Brunico, nonché la terza tribolata fatica
di Michele Apicella. “Sogni d’oro”, del 1981, finisce per mandarti a letto.
Prega vuoto
Poi, tra il cinema indipendente pescato sui canali digitali, abbiamo tirato in barca "Tendaberry", del 2024, di Haley Elizabeth Anderson...in cerca di parole non trovate.
Moonee tra le stelle
Col mini contratto stipulato con “Mubi”, ci è capitato sott’occhio
il nome Sean Baker. Colpiti dagli esordi indipendenti e artigianali del regista
del New Jersey, è stato con cambio automatico che ci siamo instradati verso “Un
sogno chiamato Florida”, del 2017 (t.o. “The Florida project”). Stessa idea, qualche
mezzo in più: la scrittura e la sensibilità di Baker raggiunge toni e colori stridenti del miglior neorealismo.
Form'azione stop
Anticipato positivamente da Mino, avvallato da Elena, con
Marigrade non abbiamo potuto esimerci dal recarci all’“Ariston” per vedere “Bird”.
Regista della seconda età, classe 1961, l’inglese Andrea Arnold, anche attrice oltreché
sceneggiatrice, col suo 5° lungometraggio ha mostrato la capacità dietro la m.d.p.,
il coraggio dinanzi ai fogli. Qualcosa di già visto, però, che tracima
sulle immagini.
L'insapore del cuore
Nelle sale anche un africano. Il nome del suo autore è Abderrahmane
Sissako, regista mauritano già incontrato e apprezzato dieci anni or sono. Con “Black
tea”, del 2024, prende e va in oriente, assimilandone colori e visioni. L’incontro
tra culture, a volte, comporta una perdita da entrambe le parti: melò sterile.
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