Una coppia
Non che questo novembre
non ci abbia già saziati, con firme grosse tra l’altro. Ma, furia per
furia, leggiamo “Die My Love” in uno dei nostri cinema qui in giro, allora tra facce note a fare una nuova conoscenza. Il quinto lungometraggio, in 25
anni, della regista scozzese, classe 1969, Lynne Ramsay colpisce per intensità.
Perché picchia, senza scappare anzi scagliandosi contro il vetro di un
malessere infrangibile.
Peccato capitale
Dalla televisione, invece,
l’occasione per fare un altro passo con Darren Aronofsky. Strana filmografia
quella del regista newyorkese. Nel 2014, al suo sesto lungometraggio in sedici
anni, decise di mettere sul palco verticale il personaggio biblico,
immaginario, di “Noah”. “Noè” per noi infanti italiani, quello dell’arca
e della coppia di liocorni. Ma i temi sono da adulti devastatrici della vita
sul pianeta.
La prova delle generazioni
Su ottima concessione
dell’amico “Foglio”, un altro Mikio Naruse proiettato in sala Nostra. Nel 1943 il
regista nipponico dal “ritmo lento” e dalla “sottile caratterizzazione
psicologica” realizzò una drammatica novella sul canto delle generazioni: “Canzone
della lanterna”.
Turbolestern
Dopo un semestre senza western,
ho recuperato con uno spaghetto abbondante. Per la seconda volta, allora, col
sardo Edoardo Mulargia! “Edward Muller” fuori dal nuorese, che nel 1967, stava
in cucina a servire “Cjamango”.
Devianze
Nell’anno della morte di
Alain Delon, il canale “Iris” omaggia il “Magnifico” ripercorrendo la
celluloide da lui impressionata. "Furore di vivere" (t.o. "Le chemin des écoliers") è una delle sue prime apparizioni di ragazzo
irrequieto, pronto a tutto, a troppo. Di Michel Boisrond (1921-2002), che accogliamo con entusiasmo.
Scombussolamente
Per Jafar Panahi al “19’’” con Elena e moltissimi altri
nella Sala 1, alle 18:30 di venerdì, testimonianza di una Genova
cinematograficamente reattiva. “Un semplice incidente”, ultima Palma d’Oro
conferma uno degli autori più liberi dei nostri tempi, non a caso perseguitato chi
non concepisce l’autodeterminazione dell’individuo. La responsabilità non è una
pratica burocratica, né un dovere istituzionale.
Il teatro della vita
Ancora immanenza delle
manifestazioni viventi, stavolta di “Erbe fluttuanti” nel 1959, nei
pressi di una compagnia di teatranti kabuki. Con le sue maschere, le sue
entrate e le sue uscite, i colpi di scena. Remake di sogni latenti e bisogni impellenti.
Problemi e Opportunità
Poi di corsa nella “FilmClub”, dopo tante mediorientali, per una pellicola brasiliana. “Il sentiero azzurro” (t.o. “O último azul”), film scritto e diretto dal recifense, classe 1983, Gabriel Mascaro. Gran Premio della Giuria al 76° Berlino per questo film ambientalista, anti-ageista, dal taglio molto giovanile...
Piani fatti
Un altro novembre appena partito che, con Elena, ci fiondiamo al “19 secondi”, aka “Ariston”, per un film statunitense
col giusto quantitativo di stelline critiche. Heist movie, anzi Caper,
che l’(anti)eroe di “The mastermind” è uno scapperato d’una volta.
Come gli anni ’70 del XX° secolo, così ben ricostruiti in questa pellicola
dall’ultimo Cannes che ha la caratura in voga tra i registi giovanili. Tecnologia
Hi-fi per sensibilità umane, troppo umane, nel nono film scritto e diretto dalla miamiana, classe 1965, Kelly Reichardt.
FROID
A Parigi, al cinema "Champo" per commuoverci dinanzi a "Nuvole fluttuanti", del 1955, di Mikio Naruse (1905-1969). Scopriamo i cineclub della città che li ha inventati e un maestro del cinema nipponico. Dolore infinito, gelido, guerreggiato. W la "Settima'.
Sopravvivere
A Parigi, al cinema “Ecoles” della Rue omonima, con Elena per “Teorema” scritto e diretto nel 1968 da Pier Paolo Pasolini. Ancora emozionati per la suggestiva sala, veniamo travolti dall’oscuro intellettualismo del regista friulano. Manco ho detto “borghes…” che il tizio davanti sì è esibito in uno SpezzaCollo d’altri tempi. Eppure, con tutta la sua complessità, è un film chiaro ed esplicito. "Pure troppo", diremmo oggi?
Anche le regine sono stupide
Reduci dalla Reggia delle Stragi e dei Massacri di Versailles, abbiamo accolto la proposta di Elena senza troppe resistenze. “Marie Antoinette”, scritto e diretto da Sofia Coppola nel 2006, confermò una figlia d’arte astuta, ambiziosa quanto pop, pronta a croisette come a operette, le piace studiare storia, ma adora le Banshees. Ma di che parlava il film?
Derive periferiche
Ma rimaniamo nel cinema classico francese. Cosa di meglio che ritrovare Marcel Carné, nel suo periodo d’oro, solo pellicole meravigliose, intense. E “Il porto delle nebbie”, del 1938, come i capolavori, lo è di rottura, di sbieco, col cipiglio di Jean Gabin che ancora semina il panico per le statali poco trafficate della Normandia.
Dolore di vanità
In vista delle passeggiate tra “Les dames du Bois de Boulogne”, abbiamo incontrato Robert Bresson al suo II° arrondissement. Nel 1944, la “Perfidia” aveva ancora il volto della celebrità, prima di decomporsi nei più miseri rigagnoli della società.
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