Molla e tira

Già che eravamo
carichi, abbiamo chiuso un cerchio con Eric Rohmer. Quello ellittico dei “Sei racconti morali”, col tira e molla che, come noi, non perde energia nelle ore dell'angosciante noia borghese. “L’amore il pomeriggio”, del 1975.

Una coppia

Non che questo novembre non ci abbia già saziati, con firme
grosse tra l’altro. Ma, furia per furia, leggiamo “Die My Love” in uno dei nostri cinema qui in giro, allora tra facce note a fare una nuova conoscenza. Il quinto lungometraggio, in 25 anni, della regista scozzese, classe 1969, Lynne Ramsay colpisce per intensità. Perché picchia, senza scappare anzi scagliandosi contro il vetro di un malessere infrangibile.

Peccato capitale

Dalla televisione, invece, l’occasione per fare un altro passo con Darren Aronofsky. Strana filmografia quella del regista newyorkese. Nel 2014, al suo sesto lungometraggio in sedici anni, decise di mettere sul palco verticale il personaggio biblico, immaginario, di “Noah”. “Noè” per noi infanti italiani, quello dell’arca e della coppia di liocorni. Ma i temi sono da adulti devastatrici della vita sul pianeta.

Lotte solitarie

Novembre caldo cinematograficamente, abbiamo trovato in strada anche in Fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne. Anzi, sul marciapiede di un assistenza che regge perché poggiante su una solidarietà diffusa, ancorché frammentata. Unica via per l’emancipazione concreta di quattro “
Giovani madri”.

Intossicati

Al "Sivori" un’altra rassegna curata da Luca Malavasi. “Anni Novanta. La sottile linea del reale”, al secondo appuntamento ha proposto “
The addiction” di Abel Ferrara. Dal centro dei Novanta, 1995, “Vampiri a New York” pone il terrore letterario a disposizione di un autore disgustato.

Facciate

Non ricordo il motivo
ma. Claude Chabrol era da noi. “A doppia mandata”, dal 1959, per una gelosia materna che non può comprendere un altro amore. Antistruttura, si gira attorno a un delitto invisibile, i colpevoli siamo noi.

Specchi complicati

Novembre assiduo, nonostante il diluvio, alle 18:45 al "City" siamo in sette, per il cinema esordiente della francese, classe 1985, Agathe Riedinger. “
Una ragazza brillante” (t.o. “Diamant brut”) è una buona pellicola su apparenze, omologazioni e costrizioni.

La prova delle generazioni

Su ottima concessione dell’amico “Foglio”, un altro Mikio Naruse proiettato in sala Nostra. Nel 1943 il regista nipponico dal “ritmo lento” e dalla “sottile caratterizzazione psicologica” realizzò una drammatica novella sul canto delle generazioni: “Canzone della lanterna”.

Turbolestern

Dopo un semestre senza western, ho recuperato con uno spaghetto abbondante. Per la seconda volta, allora, col sardo Edoardo Mulargia! “Edward Muller” fuori dal nuorese, che nel 1967, stava in cucina a servire “Cjamango”.

Devianze

Nell’anno della morte di Alain Delon, il canale “Iris” omaggia il “Magnifico” ripercorrendo la celluloide da lui impressionata"Furore di vivere" (t.o. "Le chemin des écoliers") è una delle sue prime apparizioni di ragazzo irrequieto, pronto a tutto, a troppo. Di Michel Boisrond (1921-2002), che accogliamo con entusiasmo.

Ridiamoci su

A stretto giro un’altra brezza dall’estremo oriente che travolge gli ennesimi fluttuanti. Dalla parte di Mikio Naruse, stavolta, che, seguendo “Attori itineranti” (t.o. “Travelling actors”), nel 1940, mostrò con ironia la loro precarietà. Non differente da quella di tutti.

Scombussolamente

Per Jafar Panahi al “19’’” con Elena e moltissimi altri nella Sala 1, alle 18:30 di venerdì, testimonianza di una Genova cinematograficamente reattiva. “Un semplice incidente”, ultima Palma d’Oro conferma uno degli autori più liberi dei nostri tempi, non a caso perseguitato chi non concepisce l’autodeterminazione dell’individuo. La responsabilità non è una pratica burocratica, né un dovere istituzionale.

Il teatro della vita

Ancora immanenza delle manifestazioni viventi, stavolta di “Erbe fluttuanti” nel 1959, nei pressi di una compagnia di teatranti kabuki. Con le sue maschere, le sue entrate e le sue uscite, i colpi di scena. Remake di sogni latenti e bisogni impellenti.

Problemi e Opportunità

Poi di corsa nella “FilmClub”, dopo tante mediorientali, per una pellicola brasiliana. “Il sentiero azzurro” (t.o. “O último azul”), film scritto e diretto dal recifense, classe 1983, Gabriel Mascaro. Gran Premio della Giuria al 76° Berlino per questo film ambientalista, anti-ageista, dal taglio molto giovanile...

Piani fatti

Un altro novembre appena partito che, con Elena, ci fiondiamo al “19 secondi”, aka “Ariston”, per un film statunitense col giusto quantitativo di stelline critiche. Heist movie, anzi Caper, che l’(anti)eroe di “The mastermind” è uno scapperato d’una volta. Come gli anni ’70 del XX° secolo, così ben ricostruiti in questa pellicola dall’ultimo Cannes che ha la caratura in voga tra i registi giovanili. Tecnologia Hi-fi per sensibilità umane, troppo umane, nel nono film scritto e diretto dalla miamiana, classe 1965, Kelly Reichardt.

FROID

A Parigi, al cinema "Champo" per commuoverci dinanzi a "Nuvole fluttuanti", del 1955, di Mikio Naruse (1905-1969). Scopriamo i cineclub della città che li ha inventati e un maestro del cinema nipponico. Dolore infinito, gelido, guerreggiato. W la "Settima'.

Sopravvivere

A Parigi, al cinema “Ecoles” della Rue omonima, con Elena per “Teorema” scritto e diretto nel 1968 da Pier Paolo Pasolini. Ancora emozionati per la suggestiva sala, veniamo travolti dall’oscuro intellettualismo del regista friulano. Manco ho detto “borghes…” che il tizio davanti sì è esibito in uno SpezzaCollo d’altri tempi. Eppure, con tutta la sua complessità, è un film chiaro ed esplicito. "Pure troppo", diremmo oggi?

Anche le regine sono stupide

Reduci dalla Reggia delle Stragi e dei Massacri di Versailles, abbiamo accolto la proposta di Elena senza troppe resistenze. “Marie Antoinette”, scritto e diretto da Sofia Coppola nel 2006, confermò una figlia d’arte astuta, ambiziosa quanto pop, pronta a croisette come a operette, le piace studiare storia, ma adora le Banshees. Ma di che parlava il film?

Derive periferiche

Ma rimaniamo nel cinema classico francese. Cosa di meglio che ritrovare Marcel Carné, nel suo periodo d’oro, solo pellicole meravigliose, intense. E “Il porto delle nebbie”, del 1938, come i capolavori, lo è di rottura, di sbieco, col cipiglio di Jean Gabin che ancora semina il panico per le statali poco trafficate della Normandia.

Dolore di vanità

In vista delle passeggiate tra “Les dames du Bois de Boulogne”, abbiamo incontrato Robert Bresson al suo II° arrondissement. Nel 1944, la “Perfidia” aveva ancora il volto della celebrità, prima di decomporsi nei più miseri rigagnoli della società.