Con tali domeniche di sole, il cinema finisce
all’ultimo spettacolo, dove nella grande Sala 1 dell’“America” siamo con altri 6
sconosciuti per quello che viene definito un thriller-horror ricercato, con una
caratteristica lampante: a stretto giro mensile ancora con Steven Soderbergh: “Presence”,
dell’anno scorso 2024, intrattiene e suggerisce come un buon amico immaginario.
Musica di piano…la m.d.p. scorre…in prima persona…ma chi si è svezzato lanciando
Wolf3D.exe (tutti i 6 capitoli) non teme. Fotografia ammaliante, coi sapienti giochi
di luce. Stanze in cui non entrare ed “errori giusti”. Parrebbe più una “fly
on the wall” ma, cribbio, questa presenza c’è. La soggettiva della
mosca fantasma, nella casa costruita sopra un cimitero umano. C’è la botta
forte per sopportare il dolore del lutto (Nadia non si è suicidata con due tiri
di canna). Atarassofobia: invece dei ghostbusters, una sensitiva.
Divertente col gioco dei 3 bicchieri, quello a dx perde (muore). Il mantra
falso e ipocrita del “Decidi tutto tu. Sei tu che comandi” (perché tu vali, tutto
intorno a te, la ciop sei tu), come una musica da centro
commerciale, o clinica psichiatrica. “Un po’ lento” dice in chiusura un lontano
vicino, ma no, semmai è proprio il differente ritmo che sa tenere, in ogni
genere in cui si cimenta, il regista della Louisiana, a provarne l’affidability
(?).
(depa)
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