Eroi del dollaro

I tempi parevano maturi per invitare Samuel Fuller (1912-1997) al Cinerofum. Col veterano di Hollywood, forse, ho sbagliato il momento. Pellicola di guerra per nulla antimilitarista, "L'urlo della battaglia" (t.o. "Merrill's Marauders"), del 1962, presenta un regista audace con la camera, addomesticato nel pensiero. Quando "non politicamente corretto" è una vezzosa, difensiva, ma conveniente, conseguenza (il Cinema ne risente).
Parte rombante la "W.B", sulle musiche di Howard Jackson, con "starring Jeff Chandler" (1918-1961, il Volonté di Brooklyn, "In technicolor" verde acido! Manco si comincia, che si ringraziano gli eserciti USA e filippino. D'altronde siamo qui a celebrare i "Predoni" del titolo, reparto U.S. Army da "Hall of Fame" (1992). Gennaio 1942, il Reich all'apice. "Siamo scappati dalla Birmania". Qualcuno dovrà pur sacrificarsi! Ed ecco l'avanguardia riaddentrarsi nella Burma! Dopo la presentazione dei fatti e delle operazioni, saluti e scazzi tra soldati molto umani e scherzosi. WALAWBUM! Notevoli sequenze belliche, i depositi di munizioni saltano a meraviglia, i morti fioccano. Una bolgia ("Sei nervoso?"). Inquadrature innovative (credo), tra fili d'erba ad altezza leopardo. Eroi sulla bocca di tutti (quindi anche dei nemici), chiamati a fare gli straordinari (400%), causa autocombustione da follia militare di un qualunque generale ACAB, con qualche sterile rimorso in più. SHADUZUP! Malaria, tifo, diarrea. Anche il loro ha le sue trombosi (tragicamente funeste per Chandler, feritosi sul set e morto sotto ferri banali, chiudendo così vita e filmografia (mala gestione USA dietro un film che la celebra).
Non bellissimo, coi nemici che muoiono decisamente più imploranti (solo loro alzano le braccia quando colpiti). Ecatombi. Come un western, con l'indiana salvata e curata. "Quando si comanda si sacrifica la gente". MYITKYINA! Le distintive "caratterizzazioni provocatorie e inusuali" sono qui scontate quanto datate. Melenso e approssimativo, con finale dalla retorica piatta e bellicista ("fedeltà e onore").
"Più vicino alla sinistra hollywoodiana che alla destra repubblicana" (genitore di Eastwood). E sia. Ma "costringere il pubblico ad ammettere che i valori considerati tipicamente americani erano in realtà profondamente americani, mediocri e intolleranti" (solo suo conterraneo, Reynold Humphries, poteva scriverlo), in questa pellicola no, di certo.
Male la prima. Proiettane un'altra, Sam.
(depa).

Nessun commento:

Posta un commento