Urla bianche

Giugno s'è chiuso con un altro buon film in sala. Esordio interessante di Agnieszka Woszczynska, classe 1984 di Lódz. La trentanovenne polacca mostra maturità registica e sensibilità umana che potranno forgiare pellicole personali quanto affilate. "Silent land" è l'Europa e il Mondo Intero divenuti terra d'egoistica indifferenza. Landa di parole distanti, gesti inespressi.
Vecchia scuola polacca che ritorna, col rigoroso montaggio kiewslowskiano, lenti avanzamenti e lo studio teatrale delle movenze reciproche (post guasto, finale). Schema classico, sotto la algida serenità di chi non può sopravvivere al caldo senza piscina, urlano e biancheggiano i flutti.
Splendide ed esatte irruzioni sonore e apparizioni militari (conosce il territorio sardo Woszczynska), immersi nelle quali paiono calati pure gli attori italiani (con l'ausilio dell'anticipatoria fama dei caramba). Graffiante e ironico, col solo rischio d'eccessivo didascalismo, tra la sfrontata satira di Ostlund e la criptica freddezza di Lanthimos (un cicinin di Bunuel).
Insofferenti alla Natura, stressati dalla tecnologia, ne risulta ormai una cronica omissione di mutuo appoggio. Indifferente laissez morir che tarla il senso di colpa. Far ciò che si può, non ciò che si vuole, conduce al rimorso esistenziale.
Fotografia realistica del futuro prossimo che c'attende, con la militarizzazione di spazi e feste popolari (son più loro), in un bel thriller psicologico dove chi sta in pena sulle spine, intenti a tintarelle edonistiche, siamo noi. Puoi far finta, tutto lucido e luccicante, eppure sotto c'è il mare.
(depa)

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