Ancora la TV può porti davanti quel bontempone di Claude Lelouch, artista ottantacinquenne spericolato e affascinante, come il suo alter-ego ideale in "Parliamo delle mie donne" (2014, t.o. "Salaud, on t'aime") . L'amore incondizionato pone dinanzi a rimorsi inattesi, rimpianti brucianti. L'arte delle donne fa i conti con loro.
Il regista parigino mai banale nelle sue commedie sofisticate, borghesi e credibili. Anche questa, una pellicola che, oltre all'equilibrio dell'autore, sfoggiò una scuola di recitazione francese, d'ogni generazione, in buona forma. Le conseguenze delle leggerezze dell'essere. Rimpianti senza lesinare, né sui ricordi né sulle canzoni del passato. Strofinii e attriti della vita, o delle vite, cresciute per sé, come d'uopo. Poi ognuno ci arzigogola. Rimane l'amore, gli amori, dai meno sinceri a quelli veri.
Buoni e ottimi interpreti, svetta una matura Sandrine Bonnaire (che a breve dovremo riscoprire...). Seconda volta che incontro il cantante Johnny Hallyday, nel frattempo scomparso (1943-2017), fascino indiscutibile sprigionato in un film, come suggerito dal titolo originale, sugli rapporti affettivi, amicali in primis, sentimentali e familiari a ritroso.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento