Fatto è che quando "Simon Mi" (niente da vergognarsi), passa dal 'Rofum, è impossibile prevedere la programmazione. L'altra sera almeno 4 o 5 titoli, tutto ok, scelto!, e invece dal cappello esce "The Lighthouse", pellicola per nulla codarda di Robert Eggers (7 luglio 1983). Il denso pulviscolo di ipercriticismo in sala non mi ha impedito di apprezzare quest'opera letteraria, ben scritta, interpretata e rappresentata (il regista è sceneggiatore e scenografo). Ché due cazzi soli nel nulla hanno bisogno di sostegno per restare in piedi.
Due guardiani del faro, in un'assordante solitudine che può grattar le creazioni del capo. Come sirene che cantano richiami funebri. "Lighthouse", luogo di finisterre conosciuta o, per chi vien dall'aldi là, attracco miracoloso. Topos di carte e celluloidi, tra orrorifiche isole frantumate, fisime bergmaniane e paranoie dreyeriane, o recenti "Lande Divine". Ma non vedo Dio da nessuna parte. Anzi fosca luce conradiana, quindi shakespeariana, per sondare l'abisso racchiuso in se stessi. Interessante impiego del suono, con irruzioni improvvise e note stridule. L'ego innalza torri alla rivalità, alla concorrenza, al riconoscimento, all'adulazione -> Alcol come medicinale ("stupid" quanto vuoi...), quando la linea d'ombra è a terra e senza equipaggio, nella bonaccia d'ogni esistenza.
Letterario ("intellettuale, horror" dice il flix del nh), da Poe, "The light", con la sua architettura "evidente", toccabile, può passare per "un po' accademico". Ma uno sguardo in camera inopportuno, anzi due, non rovina questo film che rivedrei, perché stimolante e divertente, non solo per i dialoghi che se non "mozzafiato" reggono altrimenti crollerebbe, ma inevitabilmente grazie alle ottime prove dei due ottimi interpreti (William Dafoe e Robert Pattinson).
(depa)
Anche Homer, forse a causa di "goccia di sangue di troppo nel cervello", si precipita al faro per ritrovarsi, rischiando di smarrirsi, se non fosse giunto il caloroso affetto di Marge.
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