Allora, cerchiamo di ripartire. Il là me lo dà William Redford (1938-2017). Chi?! Paolo Squitieri, il variopinto politico e regista napoletano, che nel 1971 realizzò il suo terzo film: un western di dolore e odio, dove attorno già infuoca la violenza. Anche tra canyon e riserve, "La vendetta è un piatto che si serve freddo", ma ineccepibile e abbondante.
La "Filmes CINEMATOGRAFICA Roma" ne presenta un po', tra cui il triestino Ivan Rossimov (1938-2003), il romano Leonardo Manzella (Leonard Mann fuori dal GRA, classe 1947), "e con la partecipazione di Klaus Kinski". Soggetto e sceneggiatura dello stesso autore partenopeo (troppo azzurro), su cui si corre sulle note...ben note.
Dopo il truce incipit (classico), il piatto è pronto, non resta che lasciar freddare. Kinski, nelle vesti del pennivendolo carrierista, "Portavoce del Progresso", cioè dei potenti "Assassini! Vigliacchi!" di turno, butta pepe sul piatto insipido. Con colonna sonora dedicata (Piero Umiliani alle musiche), seguiamo il solitario tragitto del piccolo grande "Amarillo en las colinas!", ragazzo incazzato, mai più un sorriso. Squitieri lo pedina tra rapidi scambi e prese di respiro (ci si cura). Ritmi da far west. Mafia smascherata, il Vendicatore solitario ha servito ai tavoli. E ora smonta, da Giustiziere. Sharletay.
Manca l'aplomb del cult (che ha un ps nella mhmh).
(depa)
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