Donna nel pagliaio

"RaiMovie" "sforna" western (non paga e si fa pagare). Il Cinerofum, finché può, ne ingurgita la celluloide. Un modo come un altro per rincontrare Delmer Daves (1904-1977), quello della fuga tutta in soggettiva! Il regista di San Francisco, nel 1956, si adagiò su di un romanzo d'appendice, intreccio letterario dove ambizione e gelosia debbono forzatamente chiedere l'intervento di un cast d'eccezione. "Vento di terre lontane" (t.o. "Jubal").
Dal romanzo dello statunitense Paul Wellman (1895-1966), un racconto di passione mal gestita che rischia di arenarsi. Tanti cavalli, tanti topoi, il pecoraio che deve mostrarsi mandriano (questioni da cowboys), e la signora Horgan, la moglie del capo, che fulmina con lo sguardo (causa matrimonio sfortunato). Daves non si perde un movimento del ranch, dove irrompe la gelosia. Momenti brutti, per tutti, all'ennesimo pretesto tra i pretendenti (primo bacio con sviolinata). Come uno squalo si parte alla carica dal profondo dello schermo. Una donna in mille ettari, d'altronde.
Grazie ai due principali interpreti, la pellicola arriva al traguardo colla giusta energia. Alla grinta umana di Glen Ford, all'euforica disperazione di Ernest Borgnine e al fisico incombente di Rod Steiger ("una bestia, come l'uomo!", l'arrivista moderno che arringa come benpensanti e legulei). Charles Bronson ci mette la lealtà, chiudendo quest'avventura sui valori che soffiavano sulle frontiere dell'Ovest: amicizia e avidità, amore e violenza, là dove nascono le Grandi Nazioni.
(depa)

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