Per darmi ulteriore slancio, prendo la rincorsa col Festival del Nuovo Cinema Europeo. Quest'anno in linea. Lunedì sera, dalle 21, era in programma un film dalla Germania Occidentale. "Oray", del 2019, scritto e diretto dal tedesco d'origine turca, classe 1987, Mehmet Akif Büyükatalay. Fondamentalismo religioso. Materia delicata, stupida e friabile, ogni culto frutto di una civilizzazione sbagliata. Nonostante gli abbracci confratelli, l'individuo più solo che mai. Bravo Mehmet, a te il duecentesimo.
"Noi siamo selvaggi! Radicali!". Insano integralismo, come lo scientismo, quanti danni che ha fatto e farà. Vi sono molti modi di sentirsi parte di una comunità dove non ve n'è alcuna. Qualche turco in germania farà pur così. Intima insoddisfazione in Oray. Davanti gli "Aut-Aut, Islam o niente, Inferno o Paradiso!". Incancrenirsi di vita. La forza della parola, della vuota retorica, in grado di persuadere (predicare), ahimé, più del contenuto critico.
Scie dardenniane, non più adolescenti, i cuori complessi pericolosamente sintetizzati. Intirizziti di società (dominio), persi tra frustrazione, frammentazione e folli imperativi. Amicizie prezzate. Maschilismo penetrante.
A basso gruzzolo, una tensione ben tenuta, coi bei guizzi della discoteca e del dolore estatico. "Non è facile, non lo è affatto". Bravo lo Zippa turco, Zejhun Demirov (classe 1992, Dusseldorf). Finale aperto, ma braccato. Ben poco happy, sibilo ad Elena; perché non v'è pace. Amarissimo, altroché. Una Nuova Vecchissima Famiglia, accoglie come una condanna. A non-vita.
Io non voto (se no, mi svuoto); ma do 7.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento