Appena finito di vedere "Lo sperone nudo". Occasione per conoscere Anthony Mann (1906-1967). L'eclettico regista californiano, noto per noir classici e western poco cotti (al sangue), nel 1953 realizzò questa intensa pellicola sull'avidità di frontiera. Quella che fa l'uomo in base alla taglia. E lo fa gridare, verso il luccichio, dinanzi una natura allibita.
"Colored by Technicolor". Grazie alle musiche del polacco Bronislau Kaper (1902-1983), i titoli di testa non promettono tutto di cattivo. James Stewart è un Ken agitato, rabbioso. Irrompe "camminando leggero", inseguendo ricercati ammazza-sceriffi. Figura controversa. "Una specie di vicesceriffo"...
Il paesaggio è vivo. Belle le rocce cadenti, meno Ken rotolante (simulatore!). [Su "Iris", mentre guardi un Anthony Mann, parte la televendita di un materasso]
Un passato e altri sconosciuti. La corsa all'oro non è da tutti contro tutti solo perché qualcosa o qualcuno tiene. "Così non so più a chi sparare!" dice nonno Jesse. Un pensiero a Millard Mitchell, qui cinquantenne all'ultima comparsa (cancro ai polmoni).
Ben poco onore Ken, se persevera nella caccia dopo essere stato salvato. Ma è dura, laggiù. E' davvero dura. I "Piedi neri". "E' anni che se ne stanno tranquilli". Verranno trucidati. Trascinati via penzolanti dai loro cavalli.
I cavalli star del cinema. Il ghigno beffardo del condannato. "Ci sarà qualche giaguaro in giro. Do un'occhiata". Uno scroscio di pioggia per lavapiatti. Che tempi e luoghi, il Far West!
E' come se attraverso la brama venissero distillati gli altri sentimenti, ormai pregni di disperazione e stravolgimento. Penso anche che Mann sia nel cadavere del vecchio, leccato dal ciuco, bersagliato dal fuggitivo (sublime Robert Ryan). Un buon sorso di Anthony Mann.
Gran finale. Ripuliti dall'oro. "D'accordo, amore."
(depa)
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