Ieri sera, allo Spazio Oberdan, è stato proiettato il decimo film del regista nato a Parigi, scappato a Cracovia (braccato dai nazisti) e, finalmente, approdato a quella Scuola Cinematografica di Lodz che gli diede la possibilità di incanalare la propria arte. "Tess", di Roman Polański, è un film del 1979, tratto dal romanzo (quasi) omonimo di Thomas Hardy, e racconta l'"epopea" di una ragazza della campagna inglese di fine '800.
L'attenzione nella ricostruzione storica di paesaggi, scenografia e costumi è il punto di forza di questo film di 3 ore che intrattiene a bocca aperta ma senza sbadiglio alcuno. L'altro centro gravitazionale della pellicola sono le splendide labbra della protagonista: la modella e attrice berlinese figlia d'arte (niente popò di meno che del "nemico più caro" che fece impazzire Herzog e gli appassionati della Settima), possiede davvero una bellezza che può dar corpo, carne ad una pellicola. Senza tra l'altro mostrare alcunché. Bastano gli occhi che tutto paiono comprendere, il viso che ogni cosa pare accarezzare e quelle labbra di un altro creato. Fatta questa dovuta e appiccicosa sviolinata, va dato al regista di avere realizzato un film in cui l'occhio dello spettatore riesce, comunque, a staccarsi dalla rosea Tess per perdersi negli affascinanti quadretti, allestiti sì con ricercatezza un po' leziosa, ma funzionali alla ricostruzione dell'atmosfera bucolica (non per questo non violenta, talvolta) che fa da sfondo al romanzo da cui è stato tratto il soggetto; e poi con quale risultato!
La sequenza iniziale delle donne che, cantando, si preparano al ballo mostra, sin dall'inizio, la sensibilità estetica del regista; quella della corsa in carrozza giù dalla collina, la sua ricerca di particolari effetti sullo spettatore (la sensazione di velocità arriva schietta); l'inquadratura della prima, maledetta, coppia, immersa tra i rami degli alberi e quelli del Sole, rivela la sua attenzione, in questa pellicola, alla fotografia, a quell'estetica dell'immagine che, se a volte fa fare un ruttino piccolo piccolo (il Sole dietro Stonehenge, effettivamente, è zucchero puro), per tutto il film accompagnerà dolcemente Tess (ed il pubblico), rendendole un po' meno dura la sofferenza diabolicamente progettata dall'associazione (a delinquere) "Destiny & Hypocrisy".
Un film sontuoso per realizzazione tecnica ed espressiva e per i significati sociali, religiosi e morali. D'altronde è tratto da un romanzo inglese; d'altronde è di Roman Polanski.
(depa)
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