Tarantino si diverte a fare il cowboy

Venerdì scorso io e il socio di 'rofum Depa ci siamo diretti verso la multisala del Porto Antico di Genova incuriositi da "Django Unchained", ultimo film di Quentin Tarantino, omaggio al film di S. Corbucci con Franco Nero, considerato pietra miliare del genere spaghetti western.
La sceneggiatura è molto valida e appassionante e, secondo me, il regista del Tennessee ci ha sballato di brutto a girare un western "alla sua maniera". 
In un film di questo genere, infatti, non possono mancare le sparatorie, le risse e le cadute da cavallo e così Quentin ha potuto dar sfogo alla sua voglia, da sempre incontrollabile, di mostrare grandi fontane di sangue e spettacolari e rovinose cadute.
Django (Jamie Foxx) è uno schiavo che viene liberato dal cacciatore di taglie Dr. King Shultz (Christoph Waltz) perché sa che "il negro" ha lavorato per tre fratelli che deve scovare e uccidere, dei quali lui non conosce l'aspetto. Molto presto i due si scoprono una coppia ben affiatata e così decidono di lavorare assieme tutto l'inverno per poi mettersi alla ricerca di Broomhilda, la moglie di Django, e liberarla.
In questo film non manca niente dei "classici" alla Tarantino. Un po' di sano, già sopra citato, splatter, un dialogo "paradossale" per la situazione (vedi quando Joe assegna i nomi a "Le iene") e, come questo, altri momenti divertenti durante i quali tutti noi in sala ci siamo piegati dal ridere, una super-sparatoria finale con sangue ovunque e tanta suspense per le sorti di Django e della sua bella. Non mancano anche le classiche zoomate rapide, alla Tarantino, sul viso del personaggio chiave che entra in scena o che sta per battersi, che è in realtà (guarda caso) un classico dei vecchi film western e, infine, della serie "the last but not the least", una splendida colonna sonora "tarantiniana" che dà ogni volta più forza alle scene.
Si mormora che questo film sia il migliore che Tarantino abbia girato negli ultimi anni (da "Kill Bill" in poi) e questo giudizio è totalmente condiviso dal sottoscritto, quindi consiglio a tutti gli ammiratori di questo sempreverde artista della settima (ammetto di essere tra questi) di non perdere l'occasione di vederlo sul grande schermo perché, come voi mi insegnate, i film di Tarantino al cinema si gustano decisamente meglio e vi assicuro che uscirete dalla sala più che soddisfatti.
(Ste Bubu)

2 commenti:

  1. Eccoci qui a scrivere dell’ultimo di Quentin Tarantino. “Django Unchained” è un buon film, intrattenimento puro, con qualche sassolino tolto e scagliato sulla cieca stupidità che fa da base al razzismo. Da un regista cresciuto in una videoteca e col pallino per i “B-movie”, ci si deve aspettare una sensibilità particolare per la spettacolarità accentuata e per l’ironia trattata come ingrediente base. Appartenente, come ogni pellicola di Tarantino?, al filone dei film “tributo” ad un particolare genere e ad una particolare generazione di pellicole (in questo caso gli “spaghetti western”), il risultato sono quasi tre ore che scorrono leggere ma incalzanti.
    Lungi dal voler criticare il regista che fulminò le sale con due film dalla forza deflagrante, credo di trovare qualche consenso nel dire che “Le Iene” e “Pulp Fiction” conservano un fascino ed una solidità difficilmente accostabili agli ultimi lavori. Detto che, se qualunque altro regista provasse a realizzare questi tributi, dubito che il risultato sarebbe minimamente paragonabile alle opere del regista di Knoxville; ugualmente credo che con questa formula la pellicola debba forzatamente “rinunciare” a qualcosa.
    E’ vero, il cinema di Tarantino è intrinsecamente sopra le righe, anche quando i protagonisti non volavano brandendo katane o non acchiappavano pistole fluttuanti facendo ballare il proprio stallone (“Matrici e pugnali volanti” hanno portato un po’ di assuefazione tra il pubblico e di abbruttimento, ahimé, tra i registi), i suoi Mr. Wolf risolvevano tutto e i suoi scagnozzi riuscivano a discorrere del colore delle mutande pochi secondi prima di entrare in azione. Una meraviglia. Che si corra su asfalto o che si galoppi sullo sterrato. Quindi fare il purista, fedele a due sole pellicole, senza accorgersi che le caratteristiche di fondo siano le stesse, è inutile e autocompiacente, sono d’accordo.
    Però, e qui sta la difficoltà di chi scrive, quando sono uscito dalla sala di “Django Unchained”, dopo aver realizzato di essermi divertito e di aver conosciuto un personaggio straordinario (il Dr. Schultz, non certo Django), ho avvertito la sensazione lievemente spiacevole che qualcosa mancasse, oppure che qualcosa fosse di troppo, insomma di una misura sballata. E non mi riferisco certo alle sparatorie (minima parte del film); forse ai rallenti un po’ forzati, all’eccessiva spavalderia di un protagonista che sarebbe andato più che bene anche meno "guappo"…Tutto voluto, eh. Al regista, cresciuto a pane e film, non può essere scappata la situazione di mano e, d’altronde, se uno si dirige verso un “Tarantino”, sa ormai a cosa va incontro, in quale modalità ricettiva deve porsi.
    Forse è solo il giudizio di uno che dei western in generale (né dei film alla “Bruce Lee”) non è stato un fan. O forse è solo il disagio di chi si sente scoperto di fronte ad un regista che interpreta la “Macchina dei sogni” in maniera semplice ma raffinata, vecchia ma nuova.
    Comunque, se leggerete bene tra le righe, capirete che solo Tarantino può fare questi film portandosi a casa il suo ottimo minimo sindacale: 7 e ½. Non il 10 che ci si aspetta, ma quei due stanno davvero lassù.

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  2. Sono una fanatica di Tarantino e mi inchino qualsiasi cosa faccia, a prescindere.
    Questa volta però sono uscita dall cinema con qualche dubbio:
    Concordo ocn il commento secondo cui "manca qualcosa" ma aggiungerei che c'è anche qualcosa di troppo, come ad esempio la scena dei cappucci, dove per un attimo ho pensato che Tarantino questa volta avesse voluto citare "Scary movie" (stonato).
    Django personaggio non convincente, Christoph Waltz come al solito grandioso ma, vi dico la verità, per me non all'altezza della sua interpretazione in "Bastardi senza gloria", Bravissimo Di Caprio, mentre il personaggio di Samuel l Jackson non lascia nessun segno nella mia memoria.
    E la figura femminile???? Se penso a Mia Wallace, a Beatrix Kiddo, alla splendida Shoshanna ( si scriverà così?) questa Broomhilda mi sembra veramente poco affascinante.
    Questi i miei dubbi, per il resto chapeau!

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