Serata di grandi emozioni e vibrazioni positive a ritmo di
reggae, in sala Ninna, grazie al film documentario “Marley” (2012) diretto da Kevin McDonald e prodotto da Charles Steel.
Il fatto che la religione Rasta abbia sempre goduto di grande
ammirazione da parte del sottoscritto è noto a tutte le persone che mi
conoscono e questo documentario sulla vita di Bob Marley, il più grande profeta
di questo credo che sia mai esistito, è una “chicca” assolutamente imperdibile
per tutti gli ammiratori del Rastafarianesimo come me e una
possibilità di farsi un po’ di cultura sull’argomento per chi lo conosce solo
superficialmente.
McDonald racconta la vita di Bob attraverso le parole di
personaggi più o meno noti che hanno accompagnato il Dio del reggae lungo tutto
il percorso della sua purtroppo breve vita.
Si parte con aneddoti raccontati dagli amici d’infanzia di
Kingston trai quali spicca Bunny, fondatore dei Wailers insieme a Bob e a Peter
Tosh, e si prosegue con le interviste di tutti i Wailers successivi, della
moglie Rita, delle altre donne “ufficiali” che Bob ha avuto al fianco e dei
figli Ziggy e Cedella e di tanti altri.
Ovviamente non mancano le interviste rilasciate da Bob
Marley stesso, le sue frasi più celebri e profonde e immagini di repertorio che
lo mostrano mentre giocava a pallone, colloquiava con gli amici del ghetto come
fosse una specie di santone e fumava dei joint
per elevare ulteriormente il suo spirito a Jah.
Ma la vera “chicca” sono le immagini e la musica di tutti i
suoi più celebri e significativi concerti, trai quali vale la pena citare:
quello che tenne in Giamaica nonostante l’attentato che subirono lui e i
Wailers pochi giorni prima, il “concerto per la pace” che si tenne sempre in
Giamaica per alleggerire le tensioni politiche che nei ghetti erano diventate
una vera e propria guerra armata (Bob era dichiaratamente contro la politica ed
era conosciuto personalmente e rispettato dai “terroristi” di entrambe le
fazioni), quello nello Zimbabwe per celebrare la liberazione del paese e quello
al Madison Square Garden di New York.
Durante tutta la pellicola il regista azzecca sempre alla
perfezione il momento per inserire una canzone piuttosto che un’altra, questo,
a dire il vero, reso abbastanza facile dal fatto che Bob, attraverso la sua
musica, oltre che promuovere e divulgare il Rastafarianesimo, raccontava la sua
vita e le sue sensazioni del momento.
Mi è piaciuta anche la scelta di usare riprese aeree per
rappresentare ogni spostamento di Marley: dalla Giamaica agli Stati Uniti, poi
di nuovo in Giamaica, Inghilterra, Africa e così via.
La critica non accolse benissimo questo documentario, ma, a
mio parere, è girato e montato molto bene ed è completo al 110% perché alla
fine della visione lo spettatore conosce, in profondità e veramente, chi era,
cosa pensava, in cosa credeva e a cosa aspirava Bob Marley e allora non capisco
i giudizi negativi…
Anche il finale l’ho trovato valido: durante le immagini del
funerale, sulle note di “Selassie is the Chapel”, mi sono commosso, ma non
intristito, come allora chi vi partecipò, perché questo è quello che avrebbe
voluto lui. Durante il passaggio dei titoli di coda, invece, subito ho storto
un po’ il naso, ma ripensandoci il messaggio è chiaro e doveroso: Bob ha
raggiunto il suo scopo! Ora, grazie a lui, tutto il mondo conosce il
Rastafarianesimo!
Assolutamente obbligatorio guardarlo!!!
Non posso non concludere questa recensione con una frase di
Bob che ho ascoltato in questa pellicola. La scelta è stata difficile, ma alla
fine questa mi è sembrata la più significativa e riassuntiva del personaggio e
del suo pensiero: “Non ho alcuna ambizione. Mi piacerebbe vedere una cosa sola.
Mi piacerebbe vedere gli uomini vivere insieme: neri, bianchi, cinesi. Tutti.
Tutto qui.”
One love.
(Ste Bubu)
Grande Bubu, avevo in canna (mai termine più azzeccato) questa recensione da quando uscì in anteprima nelle sale italiane (Aprile 2012). Ma ho sempre tentennato di fronte allo scrivere su di un documentario dedicato ad una figura così importante per la nostra generazione, per la nostra vita.
RispondiEliminaChe dire?
A te, che mi hai tolto una bella castagna, grazie.
Del film-doc, che è (come hai detto), fatto molto bene, dipingendo a volte più caldamente a volte più freddamente i pensieri e lo stile di vita, la coerenza, la tenacia, il coraggio di un personaggio sicuramente altro rispetto al panorama musicale comunemente conosciuto.
Certo per me rimane ancora oscuro come una persona così sensibile potesse (assieme a tutti i rastafariani) adorare un vecchietto imbarazzato o, comunque, affidare la propria speranza ad una persona sola (incarnazione di qualche divinità o no), l'Hailé Selassié di turno; sarà "roba di religione"...
Comunque reggae, tanto meraviglioso reggae sulla pelle durante la visione di questo documentario, tanta voglia di non vedere più le brutture che attanagliano il pianeta. Emozionante.
Que viva siempre Bob Marley.
ps: Bubu, ci vai a lavoro o no?
Rispondo così al tuo ps:
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=7YoFVEj_fRE
;)
RASTAFARI!!!