Violenza di poesia

L'altroieri, uscito dall'ufficio, mi sono recato allo Spazio Oberdan per cominciare seriamente il mio viaggio nel cinema del regista Kim Ki-Duk che, nel 2001, realizzò un film duro quanto tenero, coraggiosamente poetico pur nella sua atroce violenza. Insomma, in "Bad Guy" si rintracciano le caratteristiche dell'intera opera dell'autore sudcoreano.
Guardatelo. Cercatelo in giro e guardatelo. Sono d'accordo con chi scrive che Kim Ki-Duk riesce, come pochi altri (per esempio Tarantino), riesce a coniugare forza narrativa e ricercatezza estetica. Tanto per capirci, gira film che potrebbero piacere al pubblico del "sabato pomeriggio" (appassionati all'acqua di rose) ma che non sconteranno il cinefilo più integralista.
C'è coerenza nell'opera del regista, innamorato dei volti, della propria terra e dell'imprescindibile violenza che accompagna l'esistenza di ogni uomo. Si muove a suo agio nel raccontare le brutture dell'uomo, le prevaricazioni continue ai danni dei più deboli. Basti vedere con quale sapienza ci racconta quest'angolo di strada in cui graziose e tenaci donne, in cui le luci colorate delle vetrine si riflettono sui vestiti appariscenti, dove gli "Upà!" ("Vieni qui!") su accavallano sul marciapiede calpestato da anime perse.
La scena in cui lo specchio viene finalmente frantumato non è originalissima, ciò nonostante riesce ad far esondare le emozioni dello spettatore. Vuol dire che non solo il regista sa creare ma, anche quando ripercorre sentieri già battuti, lo fa con eleganza e aggiungendo sempre un po' del suo.
Così come nelle pellicole che girerà nel decennio successivo, anche in questo caso assistiamo al finale "a catena", dove si susseguono splendide chiusure che lo spettatore plaudirebbe. In questo caso, la pellicola avrebbe potuto concludersi con l'accoltellamento del protagonista (quindi con la passeggiata solitaria della protagonista), oppure con l'incontro in spiaggia...e invece no. Coraggioso creatore, Kim Ki-Duk, si diverte come un bambino nel tirare la corda, che non si spezzerà, ma sarà così tesa da poter essere suonata, come quella dello strumento musicale che accompagnerà una meravigliosa arcata...
(depa)

1 commento:

  1. Parto dalla fine. Quel puntino rosso è un altro grande “svarione” di Kim Ki-duk… mille interpretazioni possibili o solo una sua follia? …
    Altra appassionante storia di un amore totalmente fuori da ogni logica sociale e convenzionale, seppur, questa volta la società sudcoreana è ben presente e Kim ne denuncia una delle sue più terribili brutture: il giro di sfruttamento della prostituzione minorile. Ma l’amore è sempre in primo piano e le evoluzioni che Kim si immagina e ci propone sono sconcertanti e inconfutabili nello stesso tempo (mi sa che questa l’avevo già scritta di un altro suo film… vabbè…). Lo sguardo del protagonista Han-gi impresso su pellicola dal maestro coreano basta e avanza per raccontare i suoi pensieri ed emozioni e il film, come al solito, è una sorpresa e un emozione continua.
    Ancora una volta i dialoghi sono pressoché inutili, parlano soltanto gli sguardi, le immagini... e le musiche con una bellissima canzone in italiano (e pertinente di brutto, quindi una goduria capirne le parole!), "I tuoi fiori" di Etta Scollo, cantante italiana emigrata in Corea.
    Altro grande film, seppur i ‘rofumanti ormai sanno non far parte del mio “genere” preferito di Kim.

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