Questa volta vorrei parlarvi d'un film che ho visto ieri sera, allo Spazio Oberdan, in solitaria. Elena scottata da "Hiroshima...", non se l'è sentita. Ed ecco qua, punita. Fa il suo ingresso al Cinerofum il regista francese Claude Lelouch: "Un uomo, una donna" vinse la Palma d'Oro (in quel periodo "Gran Premio...") del 1966, a pari merito con il nostro "Signore & signori" e, in effetti, come lo splendido di Germi, il film è un intelligente mix di ironia e sentimento.
Si tratta di due film (due cinema) completamente diversi, chiaramente. A Treviso quegli scalmanati creavano scompiglio guidati da una regìa schietta ed esplosiva, a tratti critica, mentre tra Parigi e Deauville si realizza un sogno d'amore protetto da una direzione, sì moderna, ma leggera e ovattata, dalle tinte languide. In ogni caso, piaccia o non piaccia, perfetta.
Inizia il film e l'inquadratura che dal bianco del mare si sposta sull'affascinante Anouk Aimée (al 'rofum introdotta da "Moi Lola" di Demy) ci da un'istantanea idea dello stile del regista. Pulito, ricercato; non asciutto di certo, le inquadrature sono miele che affabula...ma come lo fa! Chiamando a rapporto anche un utilizzo del suono magistrale (sia musica sia effetto sonoro; si pensi al rumore della barca che interrompe la dolce musica o al rombo delle tante auto sportive...) il regista confeziona un vero proprio bon-bon cinematografico. Un piccolo gioiello che, vagamente e volutamente kitsch, nasconde il taglio più moderno. Si accavalleranno maestosamente zoomate, carrellate, piani sequenza, dissolvenze, primi piani, prese dirette, scene girate "a spalla"...ma tutte eseguite a regola d'arte. Ho guardato il film con la bocca spalancata, sarò un ingenuo, ma questa banale storia sopra le righe, questo racconto harmony francamente esagerato mi ha stregato. E non soltanto me, la coppia divenne famosissima come i famigerati divi made in USA, l'auto del protagonista richiestissima, coppie di innamorati iniziarono a riversarsi sulle spiagge (rigorosamente con tempo nuvoloso) abbracciandosi tra giacconi pesanti, scambiandosi sorrisi sognanti e piccoli inseguimenti, sulle note dell'ormai leggendaria musica di Francis Lai...(che diverrà un topòs di tutti i futuri film "rosa" e delle loro parodie anni '80).
Ma il regista parigino che sposò "Fantaghirò" (l'italiana Martines, 26 anni in meno) esegue una sorta di decathlon cinematografico, incastonando nella storia romantica vari stili. Lelouch è in grado di riprendere un bolide lanciato a 300 Km/h (nell'ovale), donandole la stessa grazia delle onde del mare che abbracciano la storia d'amore dei due bellissimi protagonisti sulla piaggia di Deauville (lui è Trintignant). Sa riprendere, in bianco e nero, una stupenda sequenza di un pranzo "familiare" al ristorante, oppure un passionale incontro di corpi, o una folle corsa di rally...e altro che ora non ricordo.
Dicevo che sono stato ingenuo a cascarci, ma lo è ancora di più chi non si è accorto dell'autoironia di cui è cosparsa la pellicola, come se le scene in cui l'ex marito di lei muore, quella in cui "ci va sotto" con la samba (altre sequenze di indiscutibile fattura, nella loro melodrammaticità e ironia), i pensieri e le battute di Monsieur Duroc non fossero sufficienti.
Niente da fare, qui lo scrivo: io sono un sostenitore di questo romanticissimo e divertente film.
(depa)
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