Per Jafar Panahi al “19’’” con Elena e moltissimi altri
nella Sala 1, alle 18:30 di venerdì, testimonianza di una Genova
cinematograficamente reattiva. “Un semplice incidente”, ultima Palma d’Oro
conferma uno degli autori più liberi dei nostri tempi, non a caso perseguitato chi
non concepisce l’autodeterminazione dell’individuo. La responsabilità non è una
pratica burocratica, né un dovere istituzionale.
In auto, dove sennò, per un incipit da maestro. Una bambina danza sullo
sfondo di un abitacolo…“Grazie a dio non a noi”. “Se dio ha deciso così…”. Contraddizioni
e ingerenze. Su cui il regista costruisce genialmente il mistero, crea momenti,
tensioni, uccisioni…Anche Said non l’ha fatto apposta…Narratore eccezionale,
regista raffinato (i raccordi telefonici). I carcerieri. La tortura. Alcuni
usciti dalle galere si sono fatti una vita, altri restano pazzi. W la sposa!
Con una dose segreta di ironia. Ahaha, tutti dentro! “E chi è
Ahmed?”. Mazzette col POS, o per le mance e tutte le piccole spese
quotidiane…(se ti sposi, via bancomat ti chiederanno un dono).
“Siamo in guerra!”. Annusare…La vendetta di Godot. “Il funzionario è la radice
del sistema, del problema”. Eppure, ci sono ancora passanti che aiutano a
spingere…
I film di Panahi sono misuratori del cuore, termometri di solidarietà. Un
leggero fastidio nella scena del chiedere scusa (ma patetica è la condizione
stessa di questi sopravvissuti del terrore di Stato; e i presupposti di questa),
per poi ripartire e chiudere come solo i grandi film.
(depa)


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