Ancora immanenza delle
manifestazioni viventi, stavolta di “Erbe fluttuanti” nel 1959, nei
pressi di una compagnia di teatranti kabuki. Con le sue maschere, le sue
entrate e le sue uscite, i colpi di scena. Remake di sogni latenti e bisogni impellenti.
“La Daiei Productions presenta”, sulle musiche di Kojun Saitô e l’irrinunciabile
trama di juta, un vivace quadro popolare d’un villaggio di pescatori, descritto
col fidato Kōgo Noda (1893-1968). Un Ozu spigliato, trascinato dalla banda
di attori-attori. Cambi di scena, dialoghi corali, la m.d.p. mette i
pantaloni. Occhiolino furtivo degno dell’attore più scafato. Lui è Kin
Chan! Geishe e samurai in decomposizione. Poi ci si accomoda sul tatami
per il thè e allora la cinepresa come prima. Il ritorno al paese
d’origine della compagnia teatrale, dopo 12 anni, sarà l’occasione per
ricordare, affrontare, risolvere. La figlia del barbiere, Aiko, e quelli che fa
“deprimere”. Un padre “peccatore”, vecchi amori, nuovi rancori (“E’
bruttissima!”). Incontri, scontri. Rivelazioni. Odio: perfidia e insulti.
Impresario Godot, impresario scappato! Poi nuovi amori e ancora nuove
illusioni. Scappatelle di una volta, tra alti e bassi e ognuno per la sua
strada. E avventure di oggi, l’amore si rigenera! (“Tale padre, tale figlio”).
Furti. E altre vie che si separano. Ma, a Kuwono, è sempre meglio in due.
[VISTO 691] La proiezione dei genitori sui propri figli spesso nuocciono loro. “Quando
ripasserò di qui, sarò un grande attore!”, che poesie. Fortissimo, tra i più potenti
di Ozu, nella cui filmografia “uno schiaffo in faccia è più scioccante di una
qualsiasi strage di Tarantino o Woo”. Chi lo ama (io) e chi lo odia (Elena).
(depa


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