Novembre caldo cinematograficamente,
abbiamo trovato in strada anche in Fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne. Anzi,
sul marciapiede di un assistenza che regge perché poggiante su una solidarietà
diffusa, ancorché frammentata. Unica via per l’emancipazione concreta di
quattro “Giovani madri”.
Dopo la consueta sequela di produttori e partner, sullo schermo si
dipana la Miglior Sceneggiatura dell’ultimo “Cannes”. Con Elena, ritroviamo i
maestri che ci hanno guidato a lungo nel nostro percorso di “Pazzi per la
Settima”. Un rifiuto, una lacerazione, un dolore (un affido). Sentirsi
annullata. Ferite profonde di ragazze madri. La camera fissa i loro
volti. “E poi ci sono io” è una bugia che complica molto. Tra miserie e
dipendenze, l’inadeguatezza degli adulti, solitudini. Domande senza risposta. Sullo
sfondo, transitare di macchine costose (loro tutte a piedi). Scorci sulla
florida Liegi, sul rigurgitante ventre del capitalismo. La complessità delle
opere dei begli frantuma i giudizi affrettati. Grandi dialoghi, cesellati e
taglienti (“Da allora ho sempre mentito”). Nervi e corpi a pezzi, brandelli
relazionali. Radici ghiacciate. “Lo sai che non hai il diritto di rientrare
nella mia vita. Sparisci!”. Apollinaire contro il dolore, nel Dardenne
più fiducioso nella pratica assistenzialista. Delle due una, ma sono collegate.
(depa)


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