Kaleydochanté

Con l'inizio del nuovo anno, chi ha rimbombato forte nelle sale cinematografiche è stato Jacques Audiard. Che abbiamo voluto seguire immantinente, così apprezzanti le sue fulgide e scattanti proposte. "Emilia Pérez" (2024) è una sublimazione, quindi musicata, della sua cinematografia. Sociale in vestito glamour, ma sportivo.Già i titoli musicati con classe, da Occhipinti a CNC, sono uno sfoggio. Splendidi. Violenza e miseria a Città del Messico. Ma sì, parliamo di giustizia (quanto paghi?). Carta di credito Infinity come le necessità sessuali da rispettare. Vaginoplastica è un pezzo musicale. Chi l’avrebbe mai detto, il reggaeton contro il patriarcato… “Cambiando il corpo si cambia la società”. AEHNH?!?
I fari sparati dei pickup ben si adattano alla fotografia metallica tipica del regista. Suiza (Svizzera), Rita, sorride! Insomma, grande incipit. Poi l’azione di Audiard irrompe come il boss di un cartello, sinteticamente (4 anni dopo a Londra), e al di là delle défaillance di genere comuni a quest'ultima epoca, emerge la fattura originale e curata. Ma l’effetto sorpresa scema.
Ipocrisia, abusi, corruzione, i rap populisti di riversano sullo schermo. Sensibilità estetica e pubblicitaria ineccepibili, ma...la personale sensazione di non essere dinanzi ad una scommessa coraggiosa, ma ad un astuto escamotage per parlare della condizione della donna (lavoro) e di sessualità nel modo más rápido e danzereccio.
(depa)

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