Si avanza nel cinema americano, anche del “regista definitivo”.
Newyorkese, del Bronx, ha sentito l’odore della violenza. Nel remake “Cape
Fear – Il promontorio della paura”, del 1991 (risalita del regista),
Martin Scorsese posizionò la cinepresa nel punto d’urto sociale tra
giustizia e individuo. La tensione farà scintille, rosse di sangue. Un thriller
non solo psicologico…
Nei titoli di testa del newyorkese Saul Bass (1920-1996), musicati dal concittadino
Elmer Bernstein (1922-2004), un’aquila rapace su di uno specchio d’acqua...e scorrono nomi intriganti: Robert De Niro, Nick Nolte, Jessica Lange, Juliette
Lewis…Robert Mitchum and Gregory Peck (mica l’ho riconosciuto!). Bernard
Herrmann è alla colonna sonora.
Max Cady è fuori, libero…e sembra anche carico…Atlanta 1976 è una ferita
spalancata. “Imparerai che vuol dire perdere” (“Cosa?”…no, niente). Vendetta
che permette radiografie di un avvocato progressista. Il fatto che una vittima
si prostituisca (“facili costumi”), non solo dove giudica una giuria (votante),
è ovunque un’attenuante per l’aggressore (giusto menarla!). Dura, sed est
(è una lex, appunto). “Mi spiace che tu abbia sofferto” (ma è solo VM14),
risarcimento… Rabbia a morsi (“Io lo strangolerei” dice una pindarica madre). Dall’altro
parte del banco, crocefiggere e ridere sono meno appaganti. Regia in sordina,
con qualche guizzo: De Niro a testa in giù è una chicca, come la sua apparizione
nel piccolo teatro, orco fiabesco; diabolico e manipolatore, parole cave ma
acute. La m.d.p. strappa, cuce e riunisce. Stupratore e bambina, arma e
orsacchiotto, raffinato e lercio. Ancora aggrappato alla cima, Max Cady. L’ultimo
sguardo di De Niro, mostro marino, prima di raggiungere la Terra Promessa. Ringraziamo
le “Visioni d’autore” del canale “Iris” per la proposta.
(depa)
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