L’anno successivo, 1963, Éric Rohmer proseguì la ricerca sessuale,
con qualche bobina in più. Secondo dei “Sei racconti morali” (usi e costumi), “La
carriera di Suzanne” ribadisce la vacuità dei maschietti borghesi dell’epoca.
Stavolta lo studente è di Farmacia. Anche lui piacente. Il sorriso di Suzanne è
subito per Guillame che, però… (ma “troverà pane pei suoi denti”). La voce è di
Bertrand, che finirà come terzo, l’amico. La sua notte con Suzanne è un
disastro bianco. La supervisione di Bertrand racconta di una credibile, delicata
e buffa, storia d’amicizia maschile. Col “beccio” rompipalle di prima
categoria, così affermato da dover trovare nel compagno sfigato la giornaliera
affermazione. Chissà se Eric, al quarto no-no-sì di Bertrand, accennava ad un
sorriso (è una mia fissazione). Rohmer sulle piccole cose che ingigantiscono il
nostro quotidiano, quei minuscoli moti che, da dentro, paiono tsunami (di
passione, d’idiozia). Sull’illogica lotteria degli amori, non supportata da consapevoli valutazioni, e le sue conclusioni
inaspettate.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento