Ricordo Prigione

Ieri sera, travolto da scale, bastoni per tende, tende, fischer e cemento rapido, ho deciso di abbandonarmi tra le braccia (leggi "cuscini") della sala Valéry, scegliendo con cura un film sulla pazzia. Il canadese David Cronenberg, nel 2002, disse la sua partendo dal romanzo del britannico Patrick McGrath: "Spider" è un opprimente racconto di schizofrenia, attento ai dettagli, ma senza l'azzardo di ipotesi visive.

Schiaccio play e titoli di testa curati (musica e disegni Rorschach) si dipanano sullo schermo. Mi sento già meglio. Dennis è uno dei tanti uomini chiusi in una stanza, la propria. Film che, seppur con qualche semplificazione, risulta tremendamente realistico per la rappresentazione della malattia schizofrenica (toni sartriani).
Nella pazzia i dettagli si amplificano e, perciò, si ripetono. Il film, colla sua linearità, che suppongo ritenuta eccessiva dai fan del regista (non da me), conserva il giusto livello di visionarietà (quanto la crudele e concreta follia lo permettono); questa, declinata come si deve in chiave di degradazione materiale, di distorsione delle percezioni, viene però appesantita da un flashback dai contorni troppo definiti (tra l'altro, per il paziente, ripercorrere i luoghi della lancinante memoria forse non è il meglio, ma chi può deciderlo?). Quando ho ipotizzato semplificazioni ed eccessiva "linearità", intendevo per esempio il protagonista che viene soprannominato Spider dalla madre e finirà a comportarsi di conseguenza (evitabile?).
Ruolo fondamentale è affidato alla scenografia, azzeccatissima, tra graziose viuzze e casette londinesi, braccati da incombenti gasometri di un'altra dimensione. Poi le stanze, stanzette e angolini di pub, anfratti dell'animo in cui brulicano, da sempre, insetti e animaletti sulla pelle. "Fotografia fotografica" che mi ha coccolato col giusto livello di angoscia.
I ricordi dolorosi di uno schizofrenico sono mete inesplorabili. Cronenberg fa il suo coraggioso tentativo, lanciando una sonda il cui valore ciascuno può giudicare. Lodevole lo spirito.
(depa)

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