Ieri sera all'Altrove (mai nome più azzeccato), per la rassegna "Intolerance", questa volta dedicata al cinema di genere, è stato scelto un film che dovrebbe appartenere al filone dei fantascientifici; in realtà (...) "Stalker" (1979), del regista russo Andrej Tarkovskij, potrebbe definirsi filosofico, distopico, psicologico, politico, surreale, sociale...insomma è un solido e affascinante delirio della mente, nel suo tragitto verso l'inaffrontabile coscienza.
L'inquadratura introduttiva, con un bar arrugginito dove stanche figure scheletriche attendono, prepara ad un racconto cupo e terribile. Ombre oblique e muri cosparsi di bozzoli, circondano l'esistenza di coloro che hanno l'ardore di avvicinarsi alla Zona. Per narrarci di questo percorso intimo, l'ultimo espressionista cinematografico russo non lesina in fantasia, né in provocazione, né in ironia. Lungo il percorso: insistenze faticose (d'altronde così lontani non siete mai stati) e assurdi bunuelliani (l'ambizione e la volontà di facciata, la codardia o la prepotenza del branco, etc...paiono due degli angeli sterminatori). Giochi con le immagini, perché gli scenari della nostra mente sono tanti, infiniti, liberi: ora siamo a colori, nei campestri quadretti impressionistici (sapienti giochi di luce e lenti), ora torniamo nel "seppia" più consono al nostro umore, al nostro punto. I meravigliosi cani di Tarkovskij si aggirano. Dadi filanti saltellano smarriti. Il cane simboleggia il dado e il dado telefona al reparto neurologico.
Seconda parte: altre carrellate, sempre più lontano. E' il delirio totale della coscienza; il cammino verso la responsabilità ("la vita" di cui parlò il regista, intervistato sul soggetto di questa pellicola) non ammette scorciatoie.
Tutti noi siamo 3 persone che s'inseguono, bloccano, sostengono e ostacolano. E' un film recondito. Dove "forse il porcospino", come il suo parente narrato da Archiloco, ne sa a sufficienza.
Tarkovskij ci lascia così, ad armeggiare soli, in mezzo all'acquitrino; da questo proviene una musica che ipnotizza ed uccide. Cinema psichico, percorso e paesaggio della mente, dal seppia a tutti i colori, andata e ritorno. Pellicola in cui è bello perdersi, oltre che per la bellezza delle immagini, proprio per la solidità del fantastico, ma non troppo, universo creato. Intendo c'è, è lì, visibile e infinito: ma è un foglio su cui puoi cancellare e riscrivere. E' un film meta-infinito.
Consiglio di vederlo con stati d'animo differenti, passando ogni volta per sentieri inesplorati...
(depa)
pps: ok, va bene: e l'ultima bimba che sposta i bicchieri col pensiero? Ah, dite che c'è speranza?...
Seconda parte: altre carrellate, sempre più lontano. E' il delirio totale della coscienza; il cammino verso la responsabilità ("la vita" di cui parlò il regista, intervistato sul soggetto di questa pellicola) non ammette scorciatoie.
Tutti noi siamo 3 persone che s'inseguono, bloccano, sostengono e ostacolano. E' un film recondito. Dove "forse il porcospino", come il suo parente narrato da Archiloco, ne sa a sufficienza.
Tarkovskij ci lascia così, ad armeggiare soli, in mezzo all'acquitrino; da questo proviene una musica che ipnotizza ed uccide. Cinema psichico, percorso e paesaggio della mente, dal seppia a tutti i colori, andata e ritorno. Pellicola in cui è bello perdersi, oltre che per la bellezza delle immagini, proprio per la solidità del fantastico, ma non troppo, universo creato. Intendo c'è, è lì, visibile e infinito: ma è un foglio su cui puoi cancellare e riscrivere. E' un film meta-infinito.
Consiglio di vederlo con stati d'animo differenti, passando ogni volta per sentieri inesplorati...
(depa)
pps: ok, va bene: e l'ultima bimba che sposta i bicchieri col pensiero? Ah, dite che c'è speranza?...
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