Ieri sera, in sala Uander, è tornato a farci visita Werner Herzog, con un altro affascinante tuffo nell'Amazzonia: "Fitzcarraldo", del 1981, conferma l'abilita del regista tedesco nel ricreare le atmosfere rarefatte di nature selvagge, avvolte ancora una volta dalle nuvole, come in "Aguirre...", dai sogni e dalle paure dei piccoli uomini che le abitano o attraversano.
"Che bel numero..." di Benigni
In sala Negri, lo scorso week end, è stato proiettato uno di quei film che mi ronzava nelle orecchie da anni, senza posarsi mai: "Berlinguer ti voglio bene", del 1977, è il lungometraggio d'esordio di un giovanissimo Roberto Benigni (24enne; ha compiuto 61 anni ieri: auguri), diretto dal parmigiano Giuseppe Bertolucci.
Al cuor selvaggio non si comanda
La settimana scorsa ha fatto il
suo esordio in sala Ninna il regista statunitense David Lynch, già comparso sul
‘rofum con il più datato “Eraserhead”, visto da Depa in sala Uander.
“Cuore selvaggio”, uscito nelle sale nel 1990, mi ha affascinato e
piacevolmente intrattenuto per tutta la sua durata.
Trio fantastico a Belleville
Ieri sera, il Cinerofum è tornato a trovare quelli del Cicorlo Familiare di Unità Proletaria. Sono passati un po' di mesi dall'ultima volta e la sua ristrutturazione, in perfetto stile "happy hour milanes", li ha fatti sembrare molti di più. Il secondo appuntamento con la rassegna "ANIMATAmente" ha previsto la visione di "Appuntamento a Belleville" (t.o. "Les triplettes de Belleville"), cartone animato francese del 2003 di pregevole fattura, in cui comicità e amarezza si mescolano a ricreare un'atmosfera che resta impressa. Primo lungometraggio di Sylvain Chomet, classe 1963.
"La terza freccia cercala..."
Venerdì scorso, dopo il concertino a "La Claque", del cantautore corso Stephane Casalta, e il solito girongiro per le "Erbe", entro in sala Negri con l'intento di scartare una gloriosa VHS. Strana soddisfazione nell'appiccicare l'etichetta adesiva e inserire la scatola nera in un'altra più grossa! Il film in programma è un cult generazionale: "Soldato blu", dello statunitense Ralph Nelson, pellicola del 1970, volle riporre in luce uno dei tanti massacri perpetrati dall'esercito yankee contro gli Indiani d'America. Colpendo nel segno, a sorpresa, a tempo quasi scaduto, tramite immagini truci di grande impatto.
Che botta di vita, Glorita!
Ieri sera, causa/gratia suggerimento di Marigrade, mi sono diretto verso il cinema Anteo (fermata Moscova) per vedere "Gloria", 4° lungometraggio dell'argentino (cileno d'adozione) Sebastián Lelio, classe 1974. Non conoscendo gli altri in concorso, non so dire se l'"Orso d'argento" all'ultima berlinale sia stato meritato o no, ma il film, particolare più che lodevole, ha il dono dell'equilibrio...
"...sotto la sudicia benda"
Ieri sera tutti in giro, basta sala Uander! Andiamo a vedere quest'"Ostello Bello", davvero bello! Prezzi milanesi e tanta libertà! Poi al cinema! Alèèè! Niente. Elena iscrive nel suo albo d'oro l'ennesimo errore organizzativo. Cinema e orario sbagliati. Fottuti. Toh, che peccato! A casa c'è giusto-giusto un Fassbinder che c'aspetta! "Uhm, semmai metto in ordine casa". Questo è lo scenario che circonda la sala Uander, dopo 4 anni. Sigh! Altarini & Scheletri. Ormai lo sapevate. Io non ci bado, sono in ecstasy, estraggo dal cofanetto e inserisco: "Germania in autunno", del 1978, è una pellicola corale, una decina di esponenti della Settima, tutti o quasi figli del "Nuovo Cinema Tedesco" a raccontare l'ebbrezza di violenza che colse la DDR in quegli anni.
Woody e il jazz...
Nel 1999 Woody Allen realizzò un tributo accorato, spumeggiante e malinconico, ad uno dei suoi grandi amori: il jazz. Grazie a questa sua passione e alla sua fantasia, oltre che all'ottima prestazione di Sean Penn e colleghi, "Accordi e disaccordi" mantiene alta la media della raffinatezza delle sua filmografia.
L'ignoranza mangia il cuore
Ieri sera, la sala Ninna ha
deciso di seguire le orme della sala Uander buttando su un gran bel Fassbinder.
“La paura mangia l’anima” (1974) è un
film molto potente. Dialoghi pungenti come lame di un pugnale, affilato
dall’ignoranza e reso letale dalla cattiveria, ripresi con inquadrature mai
banali, indagano uno dei più grandi problemi (se non, il più grande problema) della
società moderna: il razzismo.
Un altro povero "Franz"
Ieri sera, in sala Uander, è tornato Rainer Werner Fassbinder. In particolare, è venuto a trovarci quello teatrale, sconsolato e rabbioso, forse un po' polemico. Di certo fortemente disilluso riguardo all'autenticità del sentimento amoroso. "Martha", del 1974, ribadisce il discorso stilistico e concettuale già affrontato due anni prima con "...Petra..." (ma iniziato agli albori della sua carriera artistica) con la stessa attrice protagonista, Margit Carstensen, in grado di caricare sul proprio corpo tutto il peso di un film di grande forza espressiva, privo di speranza.
Stupefacente Cinema Universale
Qualche mese fa, un compagno di Gradinata fiorentino mi confessò di avere la stessa malattia dei membri e frequentatori del Cinerofum. La "Cinema". Nello scambio di eMail successivo, Yuri, leader del tenace e viscerale "Come On Doria", mi segnalò un documentario che m'incuriosì subito (bastò la 1a parte su Youtube). Passata la mia consueta inerzia e completando ieri la visione di "Cinema Universale d'Essai", mi sono ritrovato in una storia tutta da ascoltare, con passione cinematografica, consapevolezza sociale (tendente a sx) e, ingrediente sine qua non, ironia tutta fiorentina...come il regista, Federico Micali, classe 1971.
Woody in piena
Ieri sera, Elena influenzata, tuttintutasuldivano in sala Uander. Proseguendo nel lungo percorso, irto d'ironia e intelligenza, tracciato da Woody Allen, abbiamo fatto tappa presso la località "Harry a pezzi", a quota 1997 d.c.. Da laggiù è stato possibile osservare un altro lascito del geniale regista newyorkese, un torrente di battute, quindi divertenti, quindi acute.
"Andiamo via"
Ieri sera Michelangelo Antonioni a colori, allo Spazio Oberdan. "Il deserto rosso", del 1964, è un'altra pellicola sull'inadeguatezza dei nostri caratteri di fronte al nostro creato. Ormai ci siamo dentro, non resta che rassegnarci. "Metafisico", dice Marigrade, certo; legato a triplo filo con ciò che ci circonda qui, adesso...e sempre.
Che fai Wong? Vabbè dai...
Glielo dovevo. Al regista di Hong Kong che, tra pochi, rappresenta ancora un cinema con pennellata propria, dovevo questo mini pellegrinaggio in solitaria. L'ultima opera di Wong Kar-wai s'intitola "The Grandmaster". E' un film sulle arti marziali (fung fu e sorellastre varie) che, quindi, non può appassionarmi, ma in cui l'autore ripropone i temi a lui cari, oltre al suo stile inconfondibile.
Noi, povera "somma di tutte le scelte"...
Ieri sera in sala Uander è tornato a farci visita Woody Allen, con una commedia del 1989, metà gialla metà rosa: "Crimini e misfatti" conferma l'autore newyorkese padrone del genere; sofisticato nello studio, immediato nella fruizione, ecco l'ennesima riuscita opera di uno dei più grandi e prolifici autori cinematografici.
"Cos'è la Bolivia?"
Sabato pomeriggio grigio. In quel di Genova. Elena con un po' di mal di testa. Allora, in sala Negri, si chiudono le tende, si scalda il tubo catodico e s'inserisce la VHS. Questa volta è il turno di un film che apprezzo di più ogni volta che mi capita di rivederlo: "Butch Cassidy and the Sundance Kid", del 1969, è un western che spacca gli schemi, incentrato sull'amicizia di due caratteri liberi sempre in fuga, sino all'ultima. Ottima regia dello statunitense George Roy Hill (1921-2002).
C'era una volta Billy...
Cinema relax, ieri sera in sala
Ninna. Dopo “Sabrina”, ecco spuntare un’altra favola moderna che profuma di
cinema d’altri tempi, quello d’autore, quello di Billy Wilder, uno dei più
grandi trai registi e autori di commedie della storia della Settima, che ancora
una volta mi ha deliziato con una sua opera tutta impregnata del suo inconfondibile
tocco: “Irma la dolce”, datato 1963
La Magnani sbanca Hollywood
Per coloro che apprezzano lo stile unico della grande Anna Magnani, il film che la consacrò ad Hollywood è un must ineludibile. Scritto appositamente per lei dallo scrittore statunitense Tennessee Williams (1911-1983, l'autore di "Un tram che si chiama desiderio") e diretto in maniera silenziosa e pulita dallo statunitense Daniel Mann (1912-1991), "La rosa tatuata" del 1955, permise alla grande attrice romana di conquistare per l'unica volta, prima italiana, l'Oscar come migliore attrice protagonista. A mani basse.
La bandiera rossa di Pudovkin
Ieri sera, allo Spazio Oberdan, super film esponente del muto sovietico. Nel 1926, il regista russo Vsevolod Pudovkin, diresse un film di rara potenza espressiva, dando vita a un tragico crescendo d'emozioni, scandito da montaggio rapido quanto preciso. "La madre" fa gridare di rabbia, spingendo a quella presa di coscienza, esortata dall'autore, ormai tristemente smarrita dai più...su, avanti Popolo!
La muta terra russa
Per festeggiare il IV° compleanno del nostro Cinerofum, l'ultimo film in programma allo Spazio Oberdan è una pietra miliare del cinema muto sovietico: "La terra" di Aleksandr Dovženko, 1930. Le note di pianoforte in sala accompagnano alla perfezione le immagini, i suoni "naturalisti" un po' meno, senza però intaccare la potenza dell'opera. Poema sul progresso e i contrasti che si porta dietro, sul divenire, sulla fine, sulle ingiustizie.
Sogno Sesso Fellini
Oh, finalmente passiamo alle cose serie (già introdotte da Bubu, oggi). Domenica scorsa era il 29 Settembre: AUGURI CINEROFUM.
Il secondo film di questa giornata dedicata ad una delle nostre più grandi passioni, ha la "F" che s'alza verso l'alto, verso lo spazio dei sogni: "Il Casanova di Federico Fellini", del 1976, prosegue lungo il cammino già tracciato dalle due opere immediatamente precedenti. Le pennellate del visionario regista riminese coprono lo schermo tutto, trasportando la sala Merini in una dimensione artistica che, insieme, culla e sconquassa.
Il secondo film di questa giornata dedicata ad una delle nostre più grandi passioni, ha la "F" che s'alza verso l'alto, verso lo spazio dei sogni: "Il Casanova di Federico Fellini", del 1976, prosegue lungo il cammino già tracciato dalle due opere immediatamente precedenti. Le pennellate del visionario regista riminese coprono lo schermo tutto, trasportando la sala Merini in una dimensione artistica che, insieme, culla e sconquassa.
Buddy korean, poca roba
Venerdì sera Bubu è arrivato a Milano. E io non ce la faccio. Lo devo trascinare allo Spazio Oberdan. Bubu deve sapere in che guaio mi sono andato a cacciare, da un po' di anni. E quale occasione migliore di un film sudcoreano, per di più di un regista cresciuto al "suo" fianco (ma sì, di Kim, e chi se no?!) ? Beh diciamo che "The secret reunion", secondo lungometraggio diretto in solitaria da Hun Jang, raccimola '+' e '-' sul registro, cercando in ogni caso di dire qualcosa di nuovo nel campo dei buddy movie (storielle d'amicizia, tipicamente tra due americani combinaguai), riuscendovi in parte.
Più che mascherata, una boiata
Archiviati Venezia e dintorni, colgo l'occasione del mio weekend milanese obbligato (...) e della "Settimana della Cultura Coreana" (quella Sud, promossa dal Consolato). Manifestazione che ha in programma anche una due giorni di film sudcoreani, 5 in tutto. Perso il primo a causa di orario proibitivo, mi dirigo...toh! Indovinate dove? Spazio Oberdan, esatto. Che dire di "Masquerade", film del 2012, del regista Choo Chang-min (classe 1966)? Dobbiamo per forza parlarne bene?
Alla violenza senza la violenza
Ed eccoci all'ultimo film della rassegna milanese "Le vie del cinema", dedicata a Leoni e Pardi, cui ho assistito. Si è chiuso in bellezza, per fortuna. Non a caso, il film non proviene dalla Mostra Internazionale Cinematografica di Venezia, inconcludente quest'anno. "In fiore" viene dall'Est (vincitore "Cuore d'Oro", non quello Crispo, quello del Festival di Sarajevo). E' un film georgiano, diretto a quattro mani, Nana Ekvtimishvili (esordiente georgiana) e Simon Groß (tedesco, al secondo lungometraggio). Per me una delle poche pellicole interessanti viste in questi 10 giorni.
AGIS che Spettacolo: 2013 con Doc Retorici e Mr Cafoni
Il primo film dell'ultimo giorno di rassegna veneziana, per me, oltre che una delusione, è in solitaria: "Vado a scuola" del francese Pascal Plisset. Marigrade già ritornata in quel di Genova. Visto il livello della 70a Mostra Internazionale, come trattenerla nel capoluogo milanese? Se, poi, a fare gli onori di casa ci pensano quelli dell'AGIS Lombardia, buona notte a tutti. Non solo cancellazioni e inconvenienti vari, pane quotidiano di chi fa il filo alla Settima, ma la sempre verde sfrontatezza di chi ha fatto tesoro degli insegnamenti dei rappresentanti dei nostri ultimi 20 anni. L'inglese "Locke" fu annullato...
Ma... e Michele?
Lunedì sera, in sala Ninna ha
fatto la sua ricomparsa il maestro Mario Monicelli con “Caro Michele” del 1976, una commedia brillante e appassionante,
grazie ad una sceneggiatura molto originale e frizzante e soprattutto ad una
grandissima prestazione di Mariangela Melato.
L'amore che tutto perdona
Nonostante un sabato sera milanese
parecchio impegnativo e divertente, cominciato con un Milan - Sampdoria da
dimenticare e finito a camminare sotto la pioggia battente alle cinque di
mattina in direzione Depa’s house, il giorno seguente io e il socio
fondatore del ‘rofum, convinti e presi
bene, abbiamo affrontato una lunga maratona cinematografica cominciata nel
primo pomeriggio e finita alle dieci e mezza di sera. I film in programma allo
Spazio Oberdan erano tre e il primo a cui abbiamo assistito è stato l’ottimo “La mia droga si chiama Julie” (“La Sirène du Mississipi”) di François
Truffaut, pellicola del 1969 con la bellissima, allora ventiseienne, Catherine
Deneuve e l’affascinante Jean-Paul Belmondo.
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