Giovedì scorso, un altro film interessante è passato per la rassegna milanese su Cannes 2013 (precisamente "Quinzaine des Realisateurs"). La regista cilena Marcela Said (classe 1972) ha realizzato un potente film di denuncia sociale e (quindi) ambientale. "L'estate dei pesci volanti" è un grido silenzioso, in cui il disgusto e la rabbia restano sotterranee, sino all'inevitabile.
La pellicola inizia e lo spettatore è chiamato subitamente a rendersi conto di quale terra si tratti. Terra cilena oscura, affascinante quanto spaventosa. Come se non fosse lì per l'uomo. Come se l'uomo potesse attraversarla soltanto con massima attenzione e rispetto. Uomo che, il più stupido quindi tra gli animali, non vuole accettare questo fatto: certi alberi, certi laghi, mari, monti, incorporano in loro l'ammonimento: "Che ci fate qui? Non è luogo per voi!". E invece no. Anzi, ancora peggio: l'uomo che, nei millenni, ha fatto proprio quel monito, viene spazzato via da un altro uomo del tutto privo di capacità.
E allora è agghiacciante il quadro realizzato dall'autrice. La feroce, vuota e cretina borghesia cilena s'iscrive al contest mondiale dedicato ai suoi simili. Atteggiamenti infantili muovono le labbra, sorrisi e parole emergono vuoti, quando va bene, o sbagliati. Non se ne può più di rancheros dell'ultim'ora, cappello e sigaro e finestroni scorrevoli a doppi vetri; fanno venir da vomitare le riunioni di pseudo istruiti col ginocchio tirato su sulla poltrona di legno molto cara; che brucino loro, le loro mogli costruite male che si auto assolvono ad ogni sorso di drink e le loro figlie dementi più attente a ciò che va di moda e a farsi penetrare dal più figo, piuttosto che a domandarsi dove sia finito il loro cane (morto).
La regia è attenta ad osservare, senza troppe interferenze (si potrebbe parlare quasi di anonimato), lo scenario che si presenta all'occhio, in quella rigogliosa valletta verde scuro. La nebbia infernale sulle acque del lago è colta in maniera suggestiva e finisce coll'essere l'unico spazio senza dolore.
Ma rimane, soprattutto, l'indignazione verso chi, vaneggiando di amare la propria terra, ne massacra paesaggio e abitanti, di qualunque specie possibile. Troppo ideologico? Di questi tempi non fa male (in ogni caso, tranquilli, non è un Loach dei brutti momenti).
Voto: 6,5.
(depa)
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