Qualche sera fa, seconda
apparizione in sala Ninna per Michelangelo Antonioni che nel 1970 girò “Zabriskie point”, un film decisamente
particolare e raffinato che offre un quadro d’autore dell’animo rivoluzionario
dei “ragazzi del ’68” negli Stati Uniti d’America.
Immagini di Michelangelo
Antonioni e musiche dei Pink Floyd (ueilà!), in collaborazione con Jerry
Garcia.
Il regista italiano sapeva come
catturare lo sguardo con movimenti macchina particolari (e funambolici) per gli
occhi di un profano dei lavori di quest’artista, qual è (per ora) il
sottoscritto.
La storia scorre bella ritmata e
il clima che si respirava allora, secondo l’autore, arriva chiaro. Determinazione
e confusione, amore e odio, come il temperamento del giovane Mark, un impulsivo
sempre in direzione ostinata e contraria, uno che “agisce a modo suo” in nome
della coerenza e dell’amore.
La pellicola vive di una
sceneggiatura parecchio originale, ma è soprattutto un appassionante volo che
conduce nel Zabriskie point (area del Death Valley National Park), dove
un’orgia di immagini e musiche psichedeliche mi ha trasportato in un’altra
dimensione fatta di nulla e amore, dove ciò che conta è solo il piacere e
l’attimo, animazione sospesa e stato d’estasi, gioco e passione, con il dolce
viso, gli occhi da gatta e il corpo sinuoso di Daria che sono bellezza nella
bellezza. Il tutto si esaurisce con un’immagine mozzafiato di questo paradiso
terrestre di natura vecchia e incontaminata, ma il ritorno alla realtà è
immediato, cinico e spietato…
Nella scena finale esplode tutta la
rabbia di Daria che si sente defraudata di quel sogno d’amore e libertà, non
giorno dopo giorno come tutti noi, ma in un colpo solo e, mentre le armoniose
melodie del rifacimento della celebre “Careful with That Axe, Eugene” (reintitolata
per l'occasione “Come In #51, Your
Time Is Up”) e il grido di rabbia e disperazione di Roger Waters, che è
quello di Daria, accompagnano virtuose immagini dell’esplosione del sistema e
di pezzi di capitalismo in frantumi che fluttuano nell’aria, macerie del
sistema stesso, mi sono emozionato come un bambino quando si trova di fronte a
qualcosa di meraviglioso e mai visto prima e, durante il passaggio dei titoli
di coda, mi sono chiesto come diavolo sia possibile che questo film sia stato
uno dei più grandi flop della storia
del cinema.
Incantevole.
(Ste Bubu)
Bella recensione Bubu. Hai già detto tutto, con passione. Non mi resta che aggiungere le mie solite belinate barocche e spocchiose.
RispondiEliminaIn quest'altra pellicola metafisica del regista ferrarese (sino a quando la carne muore, però), persino gli spazi immensi americani, pure a Los Angeles (distanze senza limiti che oggi non esiteranno nemmeno più), spingono in ogni caso a desiderare un liberatorio "via da tutto!", a ricercare una libertà che può essere percepita solo dove gli uomini non sono. L'amore può tanto, addirittura moltiplicare i corpi (pani e pesci sono già sovrastruttura). Anche nella Valle della Morte, sì, paradosso di questi tempi assurdi.
Mai così magnifica la deflagrazione dei valori borghesi.
Dedicato a tutti coloro che sono stati ammazzati per la sola colpa di aver volato.
Niente; alla Ele non è piaciuto. "Eh insomma sarà che non mi piace Antonioni". Gulp! "Oh ma senti, si vede che questo cinema un po' così, in cui non emerge nulla, non mi comunica nulla". Sig :(
E pensare che il cinema di Antonioni, coi suoi "vuoti" e i suoi silenzi, è l'apice cinematografico raggiunto nella rappresentazione dell'alienazione, del male di vivere, dell'inadeguatezza di noi meschine creature in un gioco più grande e forte di noi.
Bugiardo....ho detto che mi annoiavo in certi punti.
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