Il 25 Maggio, era un sabato, sono andato a vedere "La grande bellezza", del regista partenopeo Paolo Sorrentino. Appena tornato dalla visione la mia rabbia fu molta. Impossibile scoprirsi a trovar qualcosa di positivo. In questo senso, l'ironia del titolo è la gemma più preziosa, molto più di quanto lo avessero inteso gli autori, suppongo.
Dopo aver visto, nello stesso periodo, "Il grande Gatsby", nella sua più sterile e rumorosa versione, la domanda non è più potuta restare impronunciata: è possibile rappresentare in maniera armoniosa (note di spirito, note visive) il vuoto che può circondare un individuo e propagarsi, via via, sulla società tutta? Rispondo che sì, certo, altrimenti cosa ci avrebbe legato a questa straordinariamente potente arte visiva? Non ho intenzione di stilare la classica lista dei grandi nomi del Cinema (italiano, soprattutto; paradosso triste, dannato te Paolo!). Mi limito a dichiarare che questo brutto film non conserva alcuna memoria, nemmeno un velo, del sommo cinema nostrano che fu. Alcune sequenze, quei nomi di maestri non le avrebbero nemmeno concepite. E non mi riferisco certo a quelle raffiguranti le feste roboanti e meschine, tristi alla morte, bensì, per dirne una (quella più apprezzata, in quanto quella portante, tutto lì), quella della "resa dei conti" sulla terrazza.
Il cinema di oggi è quello di Sorrentino, della Coppola, di Muccino o altri...Accattivanti quadri borghesi, sempre disposti a scherzare con se stessi, in cui l'anima lascia spazio alla sagace battuta. Il punto, secondo me, è che la strada che il regista percorre è quella stessa che ha la presunzione di criticare, né più, né meno. Le affascinanti inquadrature su fontane ben incorniciate e colossei illuminati con glamour hanno le sembianze del corpo della Ferrilli, meravigliosa da fantasticarci, tremenda da affrontare.
Ferrilli, sì, e ho detto tutto. Poi c'è Verdone (dei suoi film e del suo pubblico ho già scritto) che non può che esprimersi a suo agio in questo linguaggio che è il suo, qui solo nel male. Poi altri raccattati dai vari "Vacanze di natale alla Bahamas"; migliore interpretazione (senza specificare altro, per ovvie ragioni) alla indimenticata Serena Grandi (ma che fai?! Scendi giù! ahahah). Sullo schermo la tarantella, anzi, la macarena, delle banalità. Cast di comici da strapazzo che portano avanti (proprio come gli interpretati, certamente) un film che risulta "lungo" solo in termini di significato. La sua lungaggine è quella del vuoto emotivo. "La grande bellezza" risulta prolisso già dopo venti minuti. Ha la prolissità di una tautologia. E' noioso, non perché si sbadiglia, bensì perché mi obbliga ad un continuo stato d'attesa, frustrato, in vista di un piacere, una gioia che non verrà. La sua noia è quella del brutto.
Ribadisco: noia e vuoto sono anche il paesaggio della pellicola (per fortuna, intelligentemente, va detto, la vera Roma è stata lasciata a margine). E' un po' come se, per provare una piacevole sensazione di disgusto (artistica, emotiva, s'intende; e nel cinema ci sono molti esempi), ambissi ad una bella e scrosciante cascata di merda sul corpo e...basta. In tal senso, allora, il film è feticista. Beh, c'è a chi piace, si potrebbe dire (altri dicono, ognuno a casa propria fa ciò che vuole...).
Ma se la rabbia, grande, è diretta tutta sul telone dello schermo, sulla sua cornice, attraversando tutta la distanza tra me e il film (quindi anche sul non contenuto tecnico, artistico ed emozionale) e non su ciò che da esso ne sarebbe dovuto scaturire, il fallimento è notevole.
Questo è un film per coloro che "adorano i lanciatori di coltelli"; il suo pubblico è composto da risate ingenue e scarpe che tintinnano sul pavimento di un cinema (Sivori di Genova) in cui si paga 8 euro di biglietto perché "hanno sbagliato sul giornale" (La Repubblica).
Tutto è apparecchiato, società cannibalesca che si ciba di ciò che fintamente attacca versandosi del martini. E hai voglia ad accorgetene a 65 anni che hai non vissuto da cretino made in fininvest. Vita resisti! Cinema risorgi!
Sorrentino non si deve più azzardare a riprendere una suora scolpita dal tempo che si nasconde dietro un muro, o a mescolare le voci delle orribili creature che s'aggirano attorno all'open bar. Che continui, invece, a mettere il mare sul soffitto e il culo della Sabrinona tra le lenzuola; gli riesce alla perfezione.
Film ambizioso che diventa prezioso monito dimenticabile della grande, profonda distanza tra intenti e risultati.
(depa)
Minchia. Ci sei andato giù peso, eh.
RispondiEliminaNon è piaciuto neanche a me. Prolisso da far paura sì. Servillo ha tenuto in piedi il film da solo. E se mi sono guardato tutto il fiom solo perché il protagonista Jep Gambardella è diventato il mio idolo. Uno che a trent'anni scrive un capolavoro letterario e poi non fa più un cazzo: vive di rendita e primeggia nella mondanità. Bella Vita.
Yuri Baldi (Come On Doria)
Assolutamente d’accordo sul fatto che il paragone con l’Opera del passato che indagava la vita sfarzosa e futile della Roma bene e festaiola sia una bestemmia cinematografica! E, per favore, non venite a dirmi che ciò è dovuto al fatto che gli anni ’60 erano più affascinanti di questi… Vero, per carità, ma penso che i motivi di denuncia e quindi di riflessione siano più forti oggi, ergo semplicemente Sorrentino non riesce a (o non vuole?) far impattare lo spettatore contro quest’”italietta” ricca e meschina con la forza che meriterebbe la pellicola per il calibro (sulla carta) dell’autore e per tutta l’aspettativa che si era creata intorno ad essa. Oltre questo, momenti di poesia: zero.
RispondiEliminaIl regista osa pure invano e gli ultimi 40 - 50 minuti di pellicola sono, scusate il francesismo, una mazzata nelle palle! Un vano tentativo di mettere a confronto la vera vita e la spiritualità (“la Santa” è improponibile!) con le cose futili della vita e il materialismo, una ricerca continua di “exploit” d’emozioni che non arriva mai e sul nero finale ho tirato un sospiro di sollievo.
La mia compagna di malefatta non è d’accordo col mio (nostro) giudizio negativo, mentre io, tirando le somme, dico che due film ho visto di Sorrentino (questo e “This must be the place”) ed entrambi non mi sono piaciuti per niente… A sto giro, tocca approfondire il personaggio per capire se, in generale, vale quanto dicono (e sostiene anche lei… belin, ma cosa sostieni?) o se il cinema italiano sia arrivato ad un livello di desolazione tale da doversi attaccare a personaggi senza senso.
Caro Cinerofum, è un pò che non scrivo, ma avendo visto ieri sera questo film, eccomi al rientro! Attirato dalle nomination al Golden Globe per questo film nostrano, mi sono detto, beh vediamo com'è! Stai a vedere che il cinema Italiano rinasce! Niente di vero! I titoli finali sono stati solo una liberazione e un tuffo nella delusione totale. Non che ci sia voluto molto tempo per farmi un opinione del film, ma fino all'ultimo ho sperato nello scoppio di un incendio, di un colpo di scena, di una svolta in Gep, che potesse trasformare il film in una commedia dal finale banale. E invece neanche questo. Il succo, la trama, scomoda un Fellini che, a mio parere, in tal caso scrisse uno dei finali più poetici della storia del cinema. Quì, invece, il niente. Posso accettare i riferimenti e l'ispirazione a grandi temi e maestri del passato. Nessuno inventa nuovi temi da rappresentare, ma ognuno può riprenderli dandone una visione nuova o con tagli e risvolti moderni, rivoluzionari, o semplicemente rosa. Qui niente. E allora mi verrebbe da dedicare a Sorrentino una canzone di Sixto Rodriguez (da vedere assolutamente il documentario su di lui, Searching for Sugar Man), una cui strofa dice:
RispondiElimina"And you assume you got something to offer
Secrets shiny and new
But how much of you is repetition
That you didn't whisper to him too"
Beh, nella canzone il contesto è romantico, ma si può adattare! Quello che ci si aspetta è un pò di ironia, sentimento, curiosità, intelligenza visiva, qualcosa che ci faccia sorridere e riflettere. Penso che questo periodo storico dia un buon terreno per aspettarci tutto questo dal cinema! Caro Sorrentino, la prossima volta metti i titoli di coda in testa al film, come si faceva qualche decennio fa e come piace al buon Tarantino, così saprò cosa fare. Andarmene!
Wueilaaa..... raghi....
RispondiEliminariprendo l'argomento visto che questo film (per niente apprezzato) ha vinto ADDIRITTURA il premio Oscar come miglio film straniero.
A questo punto le cose sono due:
1) noi del 'rofum non capiamo una fava
2) chi assegna gli Oscar non capisce una fava
Come la mettiamo?????
Ciao
In realtà "le cose" sono molte di più. Perché, oltre al fatto che sul Rofum vengono scritte molte cazzate con altrettante entusiasmo e sincerità, e che i premi cinematografici passati non sono esenti da assegnazioni quantomeno discutibili, è altresì indiscutibile che nei restanti infiniti percorsi possibili compaiano riflessioni come "chissà gli altri", "chissà gli eventuali stratagemmi commerciali o politici", "a te è piaciuto a me no, nun ci scassare u cazz'", "ho detto che per me è una boiata, non che non potesse vincere" (meglio perdere con onore dicono i giapponesi) , "chi vince è bello: è davvero regola aurea?", "io sono un babbo?" e via così in serie inesauribile.
RispondiEliminaPer uscire dall'impasse, qui sul Rofum, pensiamo sia buona norma, difatti, osservare e provare a raccontare l'intera opera di un regista, piuttosto che il suo film "del momento". Come a dire che, tanto poi, è "la somma che fa il totale".
Sicuramente, pensare che sia proprio io a sbagliare, mi pone in posizione migliore per raccimolare di più, domani. Perciò farò così.
E crederò a coloro i quali pensano (così, tanto per) che questo film abbia dato nuova luce alla nostra nazione...
Mi ero ripromesso che, se avesse vinto l’Oscar, l’avrei riguardato per provare a trovarci qualcosa e rientrare nel dibattito con più cognizione di causa. L’ho fatto e confermo il mio giudizio negativo. Ho ritrovato un film “povero”. Povero per chi è abituato a masticare chilometri di pellicola e cerca disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi, per cui emozionarsi, un vero spunto di riflessione. Solo qualche dialogo sulla terrazza del nulla e poco altro. Servillo: bravo, ma non entusiasma. La Ferilli, zubbe a parte, è improponibile e gli altri attori da cinepanettone passano inosservati e con loro anche Verdone, da me in passato spesso apprezzato. La trama e il regista si perdono in lunghe immagini di una splendida Roma (ben diverso dal dire “splendide immagini di Roma”) accompagnate da una colonna sonora di musica d’orchestra (momenti che probabilmente piacciono a chi ama il cinema hollywoodiano contemporaneo…) volendo (di)mostrare non si sa bene cosa. Sull’orlo di un blockbuster, ma non tale, altrimenti lo spettatore che non è diffidente come il sottoscritto, ma che si avvicina a sta pellicola in relax, un po’ come fosse il 26 dicembre, non si annoierebbe a morte dopo la prima oretta e qualche bell’immagine di festaaaaaaaaaaaaaa!!!!! Alèèèèèè! Abbiamo recepito il messaggio, no????
RispondiEliminaDirettamente della pagina FB del prof Sini:
RispondiElimina"Ho visto due volte La Grande Bellezza, a distanza di tempo. Era in onda, l'ho
riguardato. Nel mezzo, tempo addietro, avevo visto una volta ancora - ma non
per operare un confronto, perché mi è capitato una sera - La dolce vita di
Fellini. E l'unica sconfortante cosa che emerge da Sorrentino è la regia
tecnica fino alla paranoia, maniacale, sentimentalmente ributtante, anti-umana,
accompagnata da un voluto vacuo zero, da un post-moderno che definirlo
prevedibile è poco. A questo si accompagna la pomposa insignificanza civettuola
del protagonista, soprattutto messa di fronte al personaggio Novecentesco di
Marcello: un pupazzo che sembra una filiazione dell'Espresso (il settimanale)
di fronte a un angelo di nome Marcello. Fellini è un potentissimo, sensitivo
regista, il suo film procede come un rabdomante mentre sta trovando l'acqua, è
girato in un autentico stato di grazia, è colmo della magia dell'attimo che
Fellini coglie ogni volta - non gli riuscirà mai più. Come fa notare Pasolini
in una sua celebre recensione, a La dolce vita manca lo sguardo complesso,
stratificato del capolavoro assoluto, ma è un film immenso. Sorrentino - scusa
se puoi lo schematismo, ma sono esasperato a rivederlo e adesso esce naturale
la repulsione - è un pubblicitario. Il suo sguardo è vacuo, un grande cameraman
innamorato di pedanti piani sequenza, autostrade verso il nulla che portano alla
autoseduzione - e i personaggi sono davvero macchiette. Aforismi calligrafici.
La mia opinione definitiva è il contrario esatto di ottimo. A essere sincero,
ributtante."
E ha detto tutto.