Sabato pomeriggio scorso, nella sala Negri, lì a mezza altezza tra i caruggi, io ed Elena abbiamo assistito ad una proiezione fondamentale nel campo dei film di denuncia politica, nonché per la mia crescita. Avevo un po' di timore, sapendo quali fossero le emozioni messe sul banco dal genovese Giuliano Montaldo (classe 1930), col suo "Sacco e Vanzetti"...
...osservando la drammatica storia, ricca d'ingiustizia e di orgoglio, dei due anarchici immigrati italiani, si provano sempre le stesse devastanti sensazioni. Sacco è quello basso, Vanzetti quello magro, grandi anarchici per sempre, così come grandi per sempre resteranno le interpretazioni di Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla (migliore interpretazione a Cannes '71).
Una regia precisa e angosciante ci tiene per mano lungo i fatti di quel 1920 di Massachussets assassino. Storia di "ben vengan la sedia elettrica se da un processo regolare" che generano rabbia infinita. Impossibile non implodere allo sguardo di Bartolomeo Vanzetti verso Nicola Sacco durante la sua commossa dichiarazione (potenti parole eterne). Come non esplodere alla sentenza inumana? Come non morire su quelle sedie.
Montaldo, con le musiche di Morricone e la voce di Joan Baez indimenticabili, confeziona una di quelle rare pellicole che devono essere viste e, in ogni caso, esistere.
La lucidità dell'idea perfetta.
Un pensiero vola ad Andreas Salsedo, ucciso dall'FBI a 39 anni, colpevole di aver capito.
(Pantelleria, 21/09/1881 – New York, 3/5/1920).
(depa)
Condivido totalmente la recensione di Depa, dalla scelta del titolo fino al pensiero finale.
RispondiEliminaLe emozioni che trasmette questa pellicola sono micidiali, tanto che posso dire di essermi per la prima volta commosso davanti ad un film.
Le immagini reali dell'onda rivoluzionaria del popolo degli anni ’20 che chiedevano libertà, giustizia ed eguaglianza viene mostrata in tutta la sua forza e la sua purezza. Certi ideali dai quali avrebbero preso ispirazione i “movimenti moderni” sarebbero stati portati all’estremo da lì a pochi anni; allora la gente del popolo, gli oppressi, gli emarginati, gli ultimi erano semplicemente coscienti della loro disumana condizione economico - sociale e vedevano “la necessità dell'annullamento delle più incombenti forme di potere costituito, come unica condizione necessaria e obiettivo finale dell'evoluzione sociale non gerarchica” e quindi di una società equa e giusta, in poche parole, l’Anarchia come unica via.
In questo quadro Sacco e Vanzetti sono diventati due simboli, due prove viventi dell’ingiustizia del sistema e del potere che lo controlla, una spinta in più per cui ribellarsi, lottare, credere in un mondo realmente giusto, e il potere l’aveva ben capito. Memorabile, a tal proposito, il colloquio che il Governatore Fuller ha con Vanzetti (un fantastico Gian Maria Volonté) per cercare di capire se era meglio, per la prosecuzione della vita e del buon funzionamento del sistema, concedergli la grazia e se, comunque, ciò fosse razionalmente plausibile da un simbolo del potere borghese e conservatore nei confronti di un anarchico nemico del “suo” sistema…
Si potrebbe scrivere per ore su questo film. Sull’umanità di Sacco (un altrettanto fantastico Riccardo Cucciola), sulle riflessioni proposte sul razzismo e sul fatto che la Giustizia non possa essere mai tale in un sistema non equo, sulla bravura del regista nel trasmettere emozioni attraverso l’uso magistrale della cinepresa (memorabili l’alternarsi di riprese in soggettiva e non nella scena della sedia elettrica), e dell’uso della maestosa colonna sonora di Ennio Morricone, ecc ecc…
Fidatevi rofumanti: guardatelo!!!