Ultimamente in sala Ninna va forte il made in Oriente. Dopo aver visto un Miyazaki e un Kim, ieri sera mi sono gustato un meraviglioso Akira Kurosawa.
Ben 40 anni dopo il già visto “guerriero e la sua ombra”, l’artista giapponese scrisse e diresse “Sogni”, film che uscì nelle sale quindi nel 1990, anno in cui ricevette anche l’Oscar alla carriera.
Attraverso l’esposizione di otto sogni, Kurosawa ripercorre tutte le fasi della sua vita. Visioni, sentimenti, paure, idee, esperienze e significati di vita vengono rappresentati attraverso cortometraggi di dieci, massimo venti minuti. Un percorso personale e surrealista del regista dall'infanzia, dagli istanti del silenzio e dell'osservazione, dalla magia del passato, fino alla stridente e cupa contaminazione del mondo da parte dell’uomo, schiavo e vittima del progresso e che ha smarrito la consapevolezza della semplicità, dell’essenzialità e della bellezza della natura.
L’infanzia è inesperienza, speranza e purezza e i colori delle immagini sono caldi e positivi. Alle lacrime sincere dell’ancora giovane e innocente protagonista che s'era opposto all'abbattimento del pescheto, gli spiriti di esso compiono una danza rituale al termine della quale il pescheto riappare magicamente rigoglioso per un attimo. I costumi sono eccezionali e hanno calamitato la mia attenzione sulla loro incantevole danza che regala un effetto coreografico stupendo e dirompente, degno della migliore gradinata sud.
Ci sballa proprio con le immagini Kurosawa e lo dichiara apertamente, in un sogno successivo, che per me che adoro la Settima Arte e i quadri di Van Gogh è stato un’emozione incredibile. Praticamente il regista copia (e anima) su pellicola alcuni trai più famosi quadri dell’artista olandese (interpretato da un certo Martin Scorsese) che si presenta in tutta la sua follia, mentre il protagonista del film si perde tra campi di grano e casette colorate. Estasiante!
A questo punto il film mi aveva già totalmente rapito per eleganza e originalità e anche perché, prima di questo episodio, il mio corpo era stato scosso anche da una bella dose d’adrenalina extra, con il sogno del “La tormenta” e de “Il tunnel”, e che raggiungerà l’apice con l’inquietante sogno della catastrofe atomica e ancor di più con quello dei demoni e il loro straziante pianto d’inumana sofferenza.
Si capisce chiaramente dove l’autore voglia andare a parare e l’ultimo episodio, con la saggezza della terza età, è un ammissione esplicita di ciò. La follia dell’uomo sta distruggendo la bellezza del mondo e se stesso, anziché evolvere verso qualcosa di più alto. Kurosawa ribalta anche il significato normalmente condiviso di vita e di morte, argomentando in un modo talmente semplice e lineare che il protagonista rimane ammaliato ad ascoltarlo, ed io con lui.
Un meraviglioso potpourri d'immagini d’autore, emozioni violente e riflessioni profonde.
Belin, ma cos’è sto cinema orientale, ‘rofumanti?! Bello bello.
Un ringraziamento a Marta per il suggerimento.
(Ste Bubu)
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